Movie Canon

I 1000 Film da Vedere Prima di Morire

Apri gli occhi

1997

Vota questo film

Media: 4.67 / 5

(3 voti)

Una Madrid deserta alle prime luci dell'alba. Non un'apocalisse zombie, non una calamità post-nucleare, ma un vuoto ontologico. È il sogno, o forse l'incubo, di César (un Eduardo Noriega al suo apogeo di narcisistica bellezza), un giovane ricco e vacuo il cui universo edonistico sta per collassare. Quella sequenza d'apertura, girata con un permesso quasi miracoloso nella Gran Vía, non è solo un colpo di genio visivo; è la dichiarazione d'intenti di Alejandro Amenábar. Ci sta dicendo: ciò che state per vedere è il paesaggio interiore di un uomo, una tabula rasa esistenziale su cui la realtà verrà scritta, cancellata e riscritta fino a diventare indecifrabile.

Apri gli occhi (1997) irrompe nel cinema spagnolo di fine millennio come un elegante e gelido teorema sulla fragilità dell'identità. In superficie, si presenta come un thriller psicologico con venature romantiche. César, playboy impenitente, incontra a una festa la donna dei suoi sogni, Sofía (Penélope Cruz), sottraendola al suo migliore amico. La stessa notte, la sua ex amante gelosa, Nuria (Najwa Nimri), lo attira in un'auto e si lancia nel vuoto, sfigurandolo orribilmente e uccidendo se stessa. Da qui, la narrazione si frantuma. César si risveglia in un istituto psichiatrico, accusato di un omicidio che non ricorda, con un volto che non è più il suo e con ricordi che si sovrappongono e si contraddicono. Sofía ora lo ama, ora lo respinge, ora ha il volto di Nuria. Chi è la donna nel suo letto? Chi è l'uomo dietro la maschera? Chi è lui stesso?

Amenábar, allora un prodigio di appena venticinque anni, orchestra questo dedalo mentale con una precisione hitchcockiana, ma lo impregna di un'angoscia che non è meramente legata alla suspense, bensì a una vertigine filosofica. Se Hitchcock chiedeva "cosa accadrebbe se...", Amenábar chiede "cosa è?". Il film diventa un'indagine non su un crimine, ma sulla natura stessa della percezione e della memoria. In questo, si pone come un discendente diretto, quasi un figlio spirituale, dell'opera di Philip K. Dick. Come nei romanzi di Dick, da Ubik a Un oscuro scrutare, la realtà in Apri gli occhi è un costrutto fallibile, un segnale debole che può essere hackerato, corrotto o sostituito da un simulacro più allettante. La domanda che perseguita César non è tanto "sono pazzo?" quanto "questa realtà è autentica?".

Il volto sfigurato di César e la maschera prostetica che indossa per nasconderlo sono il fulcro visivo e tematico del film. La maschera, neutra e inespressiva, è un'eco perturbante che rimanda tanto alla tragedia greca quanto al Fantasma dell'Opera. È un'interfaccia tra il sé e il mondo, un tentativo disperato di proiettare una normalità che non esiste più. Ma è anche, e soprattutto, uno schermo bianco su cui si proietta l'orrore della perdita d'identità. Quando la chirurgia ricostruttiva sembra restituirgli il suo volto, la realtà diventa ancora più inaffidabile. La sua bellezza ritrovata coincide con l'inizio delle allucinazioni più intense, suggerendo che il suo vero "io" non è legato all'aspetto fisico, ma a un'essenza che si è irrimediabilmente scheggiata nell'incidente. Siamo in pieno territorio pirandelliano: la crisi dell'individuo che non si riconosce più nella propria forma, la cui identità si dissolve in un gioco di specchi e maschere. L'uomo che era "uno" (il bel César) diventa "nessuno" (il mostro sfigurato) e infine "centomila" (un'entità confusa i cui ricordi e percezioni sono un collage instabile).

La pellicola si inserisce in un contesto culturale, quello della Spagna degli anni '90, che stava vivendo gli ultimi fuochi di un benessere economico e di un'apertura al mondo post-franchista. La Madrid del film è moderna, patinata, popolata da giovani di successo che vivono di apparenze, feste e relazioni superficiali. Il mondo di César prima dell'incidente è l'emblema di questa "cultura del sé", ossessionata dalla giovinezza, dalla bellezza e dal successo materiale. L'incidente, quindi, non è solo una tragedia personale, ma una metafora della rottura di questa bolla narcisistica. Il film smaschera la vacuità di un'esistenza basata sull'immagine, mostrando come, una volta incrinata la superficie, emerga un vuoto terrificante.

L'analogia più profonda, forse, non è con altri thriller, ma con la letteratura barocca spagnola, in particolare con "La vita è sogno" di Calderón de la Barca. César, come il principe Sigismondo, è intrappolato in una realtà di cui non può fidarsi, costretto a interrogarsi costantemente sulla linea di demarcazione tra sonno e veglia. La rivelazione finale – la scoperta di essere in un sonno criogenico, un "sogno lucido" fornito dalla compagnia Life Extension dopo il suo suicidio – non è che la versione fantascientifica del dilemma di Sigismondo. La tecnologia ha sostituito la magia, ma la questione ontologica rimane la stessa. Cos'è la vita? Un'ombra, una finzione, un sogno. Life Extension offre l'utopia di un'esistenza perfetta, una fantasia su misura in cui il dolore è cancellato. Ma, come scopre César, il subconscio è un parassita tenace; il trauma, la colpa e il rimpianto (incarnati dalla persistenza spettrale di Nuria) contaminano anche il sogno più perfetto, trasformandolo in un incubo kafkiano.

Il remake americano, Vanilla Sky (2001) di Cameron Crowe, è un caso di studio affascinante sulla traduzione culturale. Sebbene fedele nella trama, il film di Crowe sostituisce la fredda angoscia esistenziale di Amenábar con un sentimentalismo pop e una sovrabbondanza di riferimenti culturali (Bob Dylan, R.E.M., Monet). Laddove il film spagnolo è un bisturi che incide con precisione clinica, quello americano è un'esplosione emotiva che tende a esplicitare e spiegare ciò che Amenábar lasciava ambiguo e inquietante. La scelta di Penélope Cruz per interpretare lo stesso ruolo in entrambi i film crea un cortocircuito meta-testuale, trasformandola in un punto fermo, un'icona che attraversa due diverse interpretazioni della stessa illusione. Ma è nel finale che le differenze si cristallizzano: la scelta di César in Apri gli occhi è un atto di disperazione filosofica, un rigetto nichilista di una realtà artificiale. Quella di Tom Cruise in Vanilla Sky è una catarsi più ottimistica, una scelta di "vita vera" condita da un rock catartico. L'originale spagnolo rimane più spietato, più europeo nella sua conclusione agrodolce.

La regia di Amenábar è di una maturità sbalorditiva. Utilizza una palette di colori freddi, metallici, che accentuano l'alienazione del protagonista. La colonna sonora, che lui stesso compone, è un elemento narrativo fondamentale, un tappeto sonoro ipnotico e minimale che alterna momenti di tensione a squarci di malinconica bellezza. Il suo controllo sul ritmo è totale: il film si sviluppa come un puzzle, fornendo pezzi che sembrano non combaciare mai, frustrando lo spettatore in modo calcolato per fargli provare la stessa disorientante esperienza di César. Solo nel finale tutti i pezzi trovano il loro posto, ma la soluzione non porta sollievo, bensì una nuova, più profonda inquietudine.

Apri gli occhi è un'opera che, a distanza di decenni, non ha perso un grammo della sua potenza. Anzi, in un'era di realtà virtuale, avatar digitali e "deepfake", la sua riflessione sulla simulazione e sull'autenticità è diventata profeticamente attuale. È un film che si insinua sotto la pelle e pone una domanda semplice ma devastante, la stessa che il tecnico della Life Extension pone a César sul tetto del grattacielo, mentre il mondo sognato si dissolve intorno a lui: se potessi scegliere tra una realtà imperfetta e dolorosa e un sogno bellissimo ma falso, cosa sceglieresti? La risposta non è scontata. Il film si chiude con la stessa frase con cui si apre, "Abre los ojos", ma il suo significato è cambiato. Non è più un dolce risveglio, ma un imperativo categorico. Un comando a guardare in faccia l'abisso, sia esso quello del mondo reale o quello, ancora più spaventoso, della nostra stessa mente.

Galleria

Immagine della galleria 1
Immagine della galleria 2
Immagine della galleria 3
Immagine della galleria 4
Immagine della galleria 5
Immagine della galleria 6
Immagine della galleria 7

Commenti

Loading comments...