Movie Canon

The Ultimate Movie Ranking

Boogie Nights

1997

Vota questo film

Media: 0.00 / 5

(0 voti)

Eddie Adams è un giovincello fresco fresco di college quando conosce quasi casualmente Rick Horner, acclamato regista di film porno degli anni settanta.

E’ l’inizio di una sfolgorante carriera in cui Eddie si trasformerà in Dirk Diggler, l’attore hard con un “dono” speciale.

Ah, ma definire "Boogie Nights" un mero "film di maniera" sarebbe riduttivo, quasi un'ingiustizia per la sua vibrante e pulsante anima. È piuttosto un affresco monumentale, una saga corale che palpita di vita e di contraddizioni, dove lo sguardo attento di Paul Thomas Anderson ci conduce attraverso il gaudente regno del piacere californiano degli anni '70. Un decennio effervescente e contraddittorio, che si crogiolava negli ultimi spasmi di una controcultura votata alla libertà e all'espressione, mentre l'ombra lunga di un puritanesimo reazionario – che avrebbe trovato la sua incarnazione politica negli anni '80 – iniziava già a stagliarsi all'orizzonte. L'America di Anderson è un paese in bilico, oscillante tra la promessa di un'autentica liberazione sessuale e la morsa soffocante di una censura morale che non può starsene quieta, con l'industria del porno che funge da barometro impietoso di questa battaglia culturale. Questa tensione è la linfa vitale del film, un motore drammatico che anticipa l'inevitabile caduta dei suoi protagonisti, quasi un presagio di un'era di maggiore conservatorismo.

In seconda istanza, e in misura sotterranea, quasi latente, emerge il tema dell’eros, della sensualità, della corporeità del protagonista. Ma ciò che eleva questa esplorazione oltre il mero voyeurismo è l'approccio empatico e profondamente umano del regista. La corporeità di Dirk, e quella di tutti i personaggi che gravitano attorno all'universo di Jack Horner, non è mai oggettivata per il solo piacere dello sguardo esterno; essa diviene invece un territorio complesso di auto-scoperta, di vulnerabilità esposta, di tentativi spesso maldestri di stabilire connessioni autentiche in un mondo dove il corpo è al tempo stesso strumento di lavoro, fonte di piacere effimero e, in ultima analisi, moneta di scambio. È attraverso il corpo che si manifestano le ansie, le ambizioni e le fragilità di un'umanità spesso ai margini, che cerca nel mondo patinato del porno una forma distorta di realizzazione e, paradossalmente, di famiglia.

Certo ci sono anche le implicazioni economiche: il denaro come un fluido magmatico è il propellente principale della nascente industria del porno, e non c’è davvero rivoluzione culturale che tenga. Anderson non si tira indietro nel mostrare come il sogno californiano di liberazione possa facilmente degenerare in una rincorsa sfrenata al dollaro, dove l'arte della "nudità" si trasforma in produzione industriale, preludio alla catastrofica rivoluzione del VHS che avrebbe democratizzato e allo stesso tempo de-umanizzato il business, spazzando via i "vecchi" artigiani del mestiere e le loro velleità artistiche. Il film cattura con perspicacia questo passaggio cruciale, dal set quasi artigianale e comunitario degli anni '70, al desolante anonimato e alla brutalità dei primi anni '80, dove la videocassetta trasforma la "star" in un semplice prodotto da scaffale, privo di aura e di fascino.

Eppure c’è una convenzione, una sorta di patto narrativo che Anderson mette in atto e propone allo spettatore, narrando le vicende di questi personaggi: il sesso non è mai una ridondanza, un gioco fine a se stesso, ma è un mezzo espressivo, un linguaggio per comunicare. È un idioma primitivo, talvolta goffo, spesso disperato, attraverso cui questi individui, frammenti di un'umanità spesso ai margini, cercano di articolare i loro desideri più profondi, le loro paure e la loro incrollabile, seppur precaria, ricerca di appartenenza. L'atto sessuale, per quanto esplicito e talvolta grottesco, è investito di un peso emotivo e narrativo che lo rende quasi sacro nel suo tentativo di rivelare l'anima, un grido primordiale in un universo in cui le parole spesso non bastano.

Questa ricerca di appartenenza si concretizza nella formazione di una vera e propria famiglia surrogata, il nucleo attorno al regista Jack Horner (un Burt Reynolds reinventato e magistrale) e alla sua musa, Amber Waves (Julianne Moore in una performance straziante di fragilità e forza). Qui Anderson si rivela un erede spirituale di Robert Altman, nella sua capacità di orchestrare un cast corale dove ogni personaggio, dal bonario Jack alla tormentata Amber, da Little Bill alla traumatizzata Rollergirl, contribuisce a tessere un arazzo umano denso di sfumature, dove amore e tradimento, lealtà e autodistruzione, si intrecciano con una veridicità disarmante. L'energia visiva di Anderson è debordante, quasi febbrile. Le sue celebri sequenze in piano-sequenza, che avvolgono lo spettatore in un vortice di eventi e dialoghi sovrapposti, ricordano la maestria di Martin Scorsese in film come "Quei bravi ragazzi" o "Casinò", con cui "Boogie Nights" condivide non solo l'affresco di un'industria sommersa, ma anche il tema del "rise and fall" di un'età dell'oro, e la disillusione che segue il tramonto di un sogno. Ma dove Scorsese dipinge con il nero della violenza e del fatalismo, Anderson usa i colori vivaci e poi sfocati dell'alienazione e della nostalgia, intingendo il suo pennello in una palette di tragico e comico, volgare e sublime. La colonna sonora, poi, è un capolavoro a sé stante, un jukebox di hit anni '70 che non solo ambienta il film con una precisione quasi documentaristica, ma ne sottolinea le emozioni, dal trionfo all'amara sconfitta, trasformando ogni brano in un commento diegetico ed extradiegetico all'odissea di questi personaggi fuori dagli schemi. È la musica che scandisce il ritmo della discesa, dal glamour effimero degli esordi alla caduta nel baratro dell'anonimato e della tossicodipendenza, culminando in un finale che, pur non lesinando sulla crudezza, concede un barlume di speranza e riscatto.

Una sorta di implicito patto tra regista e spettatore che conferisce all’opera un fascino mistificante, trasformando la storia di un'industria controversa in una metafora universale sulla ricerca di identità, sulla natura effimera della celebrità e sul desiderio inestinguibile di trovare il proprio posto nel mondo. "Boogie Nights" non è solo un film sulla pornografia; è un'ode agrodolce all'eccentricità, alla fallibilità umana e al coraggio di sognare, anche quando il sogno si rivela essere solo un'illusione luccicante in una California baciata dal sole e dalle ombre di un'era che volge al termine.

Featured Videos

Trailer Ufficiale

Commenti

Loading comments...