
Il Bacio della Pantera
1942
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Regista
In tempi in cui il genere horror conosceva un periodo di relativa stasi dopo i fasti dei primordi con la saga di Frankenstein e Dracula, Tourneur, ottimamente supportato in produzione da Val Lewton vero appassionato e soggettista horror, e in fase di sceneggiatura da DeWitt Bodeen, plasma una storia inquietante di rara raffinatezza stilistica e di fulgida originalità. "Il Bacio della Pantera" (Cat People nell'originale, un titolo che già allude alla metamorfosi e alla bestialità latente) non è solo un film, ma un manifesto programmatico per un nuovo orrore, uno che si sottrae alla facile esibizione del mostro per abbracciare l'ineffabile, l'atmosfera e la suggestione psicologica. Lewton, con il suo acuto intuito di produttore e la sua visione da auteur, aveva imposto una regola d'oro ai suoi registi: non mostrare mai esplicitamente l'orrore, ma farlo sentire, presagire, insinuare nelle pieghe della mente dello spettatore. Era una scelta dettata in parte dalle stringenti limitazioni di budget che affliggevano i "B-movie" della RKO, ma trasformata da Lewton in un'arma estetica formidabile, quasi una dichiarazione artistica contro l'eccessiva chiarezza narrativa di molta Hollywood dell'epoca.
Si narrano le vicende di una donna di origine serba, Irena Dubrovna, che custodisce un lugubre segreto. La sua "diversità" culturale e la sua misteriosa provenienza vengono immediatamente sublimate in un'inquietudine palpabile, posizionandola come una figura ai margini della società americana, un archetipo dell'“altro” che nasconde una natura inconoscibile. La donna è infatti convinta di essere discendente di un’antica razza balcanica che aveva la caratteristica di trasformare i suoi discendenti in belve feroci una volta che questi ricevevano uno stimolo sessuale. Questa premessa, così audace per l'epoca – la bestialità scatenata dall'impulso erotico – immerge il film in un'analisi profondamente freudiana della repressione. Irena non è spaventata dalla pantera in sé, ma dall'impulso sessuale che la risveglia, un impulso che la società puritana americana degli anni '40 considerava tabù, specialmente se legato alla figura femminile. Il film diventa così una metafora del terrore della sessualità femminile, un potere primordiale che la protagonista non riesce a controllare, e che la porta a un isolamento angosciante.
La donna seppur sposata non riesce a scacciare questo puntello psicologico, o meglio, questa maledizione atavica, e una serie di inquietanti accadimenti sembreranno dar ragione alla sua lucida follia. Tourneur eccelle nel rendere visibile l'invisibile, nel plasmare il non-detto e il non-mostrato in una minaccia tangibile. La celebre scena dell'autobus, la prima applicazione di quella che sarebbe diventata la "Lewton Bus scare" – un improvviso rumore o apparizione che si rivela innocuo ma che amplifica la tensione – è un esempio lampante della sua maestria. Non si vede la pantera attaccare, ma si sente il suo ringhio, si percepisce la sua ombra minacciosa, si vedono i segni del suo passaggio. L'acqua che si increspa nella piscina, il rumore del gatto che miagola, l'ombra furtiva che precede la vittima: sono tutti espedienti che evocano un orrore più sottile e penetrante di qualsiasi creatura gommosa. Il chiaroscuro, mutuato dal cinema espressionista tedesco (un'influenza chiave per Lewton e Tourneur, entrambi intellettuali e cinefili), avvolge ogni scena in un'atmosfera di perenne ambiguità, trasformando New York in una giungla urbana dove il pericolo si annida nell'oscurità.
La paura che questo film instilla non è nella mostruosità delle immagini, che sono volutamente assenti per scelta stilistica e per necessità produttiva, ma è nel dubbio ancestrale, nell’ombra che si acquatta nei recessi mentali. È la paura di perdere il controllo di sé, di cedere a istinti primari che la civilizzazione tenta disperatamente di sopprimere. È il terrore del proprio io più recondito, un'entità che pulsa sotto la superficie della psiche e che minaccia di erompere, distruggendo ogni parvenza di normalità. "Il Bacio della Pantera" si colloca così non solo come un capolavoro dell'horror gotico-psicologico, ma come un precursore di opere successive che avrebbero esplorato le profondità dell'angoscia interiore e della paranoia (si pensi a "Rosemary's Baby" o a certi vertici hitchcockiani). La sua influenza si estende ben oltre il genere, dimostrando come la suggestione e l'ambiguità possano essere armi più affilate di qualsiasi effetto speciale, e come l'intelletto di Lewton e la visione di Tourneur abbiano elevato un semplice "B-movie" a immortale opera d'arte cinematografica. Ed è una paura ben più efficace di qualsiasi altra, perché risuona con le nostre più intime e irrisolte paure.
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