Crumb
1994
Vota questo film
Media: 4.67 / 5
(3 voti)
Regista
Scendere nel mondo di Robert Crumb attraverso la cinepresa di Terry Zwigoff non è un'operazione documentaristica, è una speleologia dell'anima. Un viaggio al termine della notte della controcultura americana, guidato non da un Virgilio rassicurante, ma da un Caronte sardonico che ci traghetta attraverso il fiume limaccioso di un inconscio collettivo e familiare. Il film di Zwigoff, amico di Crumb e membro della sua Cheap Suit Serenaders, è una delle più spietate e commoventi vivisezioni psicologiche mai impresse su pellicola, un'opera che trascende il biopic per diventare una tragedia greca ambientata nei sobborghi dismessi di un'America dimenticata.
L'arte di Crumb, con le sue linee vibranti, quasi sismografiche, ha sempre registrato i tremori più reconditi della psiche. Le sue tavole sono confessioni in forma di fumetto, un teatro della crudeltà dove l'io narrante si sdoppia in mille avatar grotteschi: dal satiro nevrotico Flakey Foont al guru lascivo Mr. Natural. Zwigoff non commette l'errore di spiegare quest'arte; la usa come una mappa per navigare il suo creatore. Il risultato è un ritratto che possiede la densità di un romanzo di Dostoevskij e il candore brutale di un diario segreto letto in pubblico. Assistiamo al paradosso di un uomo che ha esorcizzato i propri demoni proiettandoli sulla pagina bianca, rendendoli icone pop e, nel processo, diventando prigioniero della sua stessa, catartica sincerità. La cinepresa lo pedina, lo interroga, lo studia con un'intimità che a tratti diventa insopportabile, ma mai voyeuristica. È l'occhio di un amico che conosce l'abisso perché, forse, ci ha guardato dentro a sua volta.
Il genio di Zwigoff, tuttavia, si manifesta pienamente quando la sua indagine si allarga, trasformando il ritratto di un artista in un'agghiacciante saga familiare. L'introduzione dei fratelli di Robert, Charles e Maxon, è il colpo di scena narrativo che eleva Crumb da eccellente documentario a capolavoro assoluto. Se Robert è colui che è riuscito a incanalare la follia in un'opera d'arte commercializzabile, i suoi fratelli sono le sue versioni alternative, i sentieri non percorsi, i "what if" incarnati. Sono il contrappunto tragico al suo successo, lo specchio oscuro che riflette il prezzo della sua sanità mentale, per quanto precaria.
Charles, il fratello maggiore, è il fantasma dell'opera. Recluso volontario nella casa materna, è un uomo di un'intelligenza folgorante e una sensibilità lacerante, consumato da malattie mentali e farmaci. Le sue interviste, registrate poco prima del suo suicidio, sono il cuore pulsante e dolente del film. Nelle sue parole lucide e disperate, riconosciamo la stessa materia oscura che anima i disegni di Robert, ma senza il filtro salvifico del talento o dell'ambizione. Charles è un Amleto suburbano, un artista mancato la cui unica opera è stata la meticolosa, letteraria decostruzione della propria esistenza. La sua testimonianza è un memoir orale che possiede la potenza dei grandi soliloqui shakespeariani, un lamento sulla fragilità della mente umana che perseguita lo spettatore ben oltre i titoli di coda.
Maxon, d'altro canto, è un fachiro, un asceta urbano che medita su un letto di chiodi e ingoia strisce di tessuto per "purificarsi". La sua eccentricità è meno tragica di quella di Charles, ma altrettanto perturbante. È un santo folle, un Diogene dei nostri tempi che ha trovato nella rinuncia e in un bizzarro misticismo una via di fuga dalla stessa palude genetica e ambientale che ha quasi inghiottito i suoi fratelli. La triade Crumb – Robert l'artista, Charles l'intellettuale fallito, Maxon il mistico – diventa così un'allegoria potentissima sulla creatività e la pazzia. Sono tre possibili esiti della stessa, formidabile pressione psicologica. Robert è fuggito disegnando, trasformando il trauma in merce; Charles ha interiorizzato, lasciandosi divorare; Maxon ha trasceso, annullandosi in un rituale senza fine. È una dinamica che ricorda, in una chiave sordida e moderna, la famiglia Brontë, dove il genio e la nevrosi si alimentavano a vicenda tra le mura di una casa isolata dal mondo.
Il film è anche un'insostituibile capsula del tempo. Crumb è figlio ed espressione della controcultura degli anni Sessanta, ma di quella più lisergica, sgradevole e sessualmente ossessiva, lontana dall'utopia floreale di San Francisco. La sua arte, come quella di un Hieronymus Bosch sotto acido, ha dato forma all'Id di un'intera generazione, mettendo a nudo le pulsioni più inconfessabili che si nascondevano sotto la superficie del "peace and love". Le sue caricature razziali e le sue fantasie misogine, che oggi appaiono giustamente problematiche, vengono contestualizzate dal film non per assolverle, ma per mostrarle come il prodotto di un'onestà brutale e patologica. Crumb non disegna ciò che è socialmente accettabile; disegna il contenuto della sua testa, senza filtri, con una coerenza quasi autistica. Zwigoff non giudica, ma ci costringe a interrogarci sulla natura stessa della libertà artistica: dove finisce la confessione e dove inizia la provocazione? E quanta oscurità siamo disposti a tollerare in nome del genio? La critica d'arte che nel film definisce il suo lavoro "visivamente tossico" coglie un punto essenziale: l'arte di Crumb è un veleno, ma anche un antidoto. È un'immersione nell'orrore per poter, forse, riemergere.
Strutturalmente, Zwigoff adotta uno stile che è l'equivalente cinematografico del tratteggio di Crumb: nervoso, diretto, privo di abbellimenti. La colonna sonora, composta da blues e jazz d'annata scelti dallo stesso Crumb (collezionista ossessivo di 78 giri), non funge da semplice sottofondo, ma da commento emotivo, un'eco nostalgica di un'America perduta e idealizzata che è la vera, irraggiungibile ossessione dell'artista. Questa tensione tra un passato mitizzato (le forme generose delle donne, la musica rurale) e un presente vissuto come una prigione di ansie e inadeguatezza è il motore primo della sua creatività. Come il Proust della Recherche, Crumb è un uomo alla ricerca di un tempo perduto, ma il suo paradiso non è un salotto parigino, è un bordello di inizio secolo o un concerto jazz in un locale fumoso.
Crumb è un'opera che si insinua sotto la pelle. È un film sull'arte come meccanismo di sopravvivenza, sulla famiglia come destino ineluttabile e sull'America come immenso, contraddittorio palcoscenico di sogni e incubi. Sfida lo spettatore a confrontarsi con il lato oscuro della creatività, a riconoscere che spesso le opere che più ammiriamo nascono dal dolore più profondo. Non offre risposte facili né consolazione. Ci lascia, piuttosto, con l'immagine indelebile di Robert Crumb che cammina per strada, curvo sotto il peso del suo stesso, straordinario e terribile mondo interiore, un uomo che ha disegnato la propria anima con una tale precisione da renderla universale, trasformando la sua personale prigione in un labirinto in cui tutti noi, per un attimo, possiamo perderci e forse, in qualche strano modo, ritrovarci. Un'esperienza cinematografica essenziale, tanto disturbante quanto indimenticabile.
Attori Principali
Generi
Paese
Galleria






Commenti
Loading comments...
