L'Attimo Fuggente
1989
Vota questo film
Media: 4.00 / 5
(1 voti)
Regista
L'amicizia come valore fondante, la fratellanza studentesca, la complicità che si fa scudo contro un mondo adulto ostile e incomprensibile. Questi sono i pilastri su cui poggia L'Attimo Fuggente (1989) di Peter Weir, un'opera che conserva una potenza emotiva e una pertinenza culturale quasi miracolose. Non è semplicemente un "film sulla scuola", ma un inno appassionato e struggente alla ribellione intellettuale, un'elegia per l'adolescenza come territorio di scoperta e di inevitabile, doloroso conflitto. La "Setta dei Poeti Estinti" non è un semplice club, ma una congiura romantica, una società segreta che si riunisce in una grotta, santuario pagano e umido che si contrappone alla solenne e rigida cappella dell'accademia. Lì, al lume di una torcia, i ragazzi non si limitano a leggere poesie, ma compiono un rito di passaggio, forgiando un legame che è più forte di quello imposto dalle famiglie o dalla gerarchia scolastica.
La cultura, nel mondo grigio e conformista della Welton Academy del 1959, diventa un elemento per astrarsi ed elevarsi. L'arrivo del professor John Keating è l'arrivo di un missionario, un profeta che non annuncia un nuovo vangelo, ma ne riscopre uno antico e profondamente americano: quello del Trascendentalismo. Keating non è altro che un erede diretto di Henry David Thoreau, di cui fa riecheggiare il desiderio di "succhiare il midollo della vita"; di Ralph Waldo Emerson, con i suoi appelli all'autodeterminazione; e soprattutto di Walt Whitman, il nume tutelare del film, il cui spirito libertario pervade ogni lezione. Keating chiede ai suoi studenti di strappare le pagine di un manuale di critica letteraria non per un gesto di vandalismo, ma per un atto di liberazione filosofica: rifiutare l'analisi schematica e sterile per abbracciare l'esperienza diretta, emotiva, della poesia. "Carpe Diem", il motto oraziano che fa da motore alla storia, diventa il grido di battaglia contro la tirannia del futuro programmato dai loro padri.
Questo fervore giovanile è incarnato da un gruppo di attori straordinari, ma è catalizzato dalla splendida interpretazione di Robin Williams, che infonde un pathos enorme alla storia. La sua performance è un capolavoro di equilibrio, un'alchimia perfetta che fonde la sua incontenibile energia comica—le imitazioni di Marlon Brando e John Wayne—con una serietà e una malinconia profonde e gentili. Il suo John Keating non è un semplice istrione, ma un'anima ferita, un ex allievo di quella stessa scuola che ha trovato nella poesia la sua unica, vera salvezza e che ora cerca, con urgenza quasi disperata, di passare la fiaccola. È la performance che ha definito la sua carriera, dimostrando al mondo che dietro il genio della comicità si nascondeva un attore drammatico di rara sensibilità.
I problemi familiari dei giovani diventano lo specchio di un disagio da cui è difficile uscire. Il conflitto tra Neil Perry (Robert Sean Leonard) e suo padre è il cuore tragico del film, la rappresentazione di uno scontro insanabile. Il padre di Neil non è un mostro, e questa è la sua tragedia. È un uomo che, nella sua visione del mondo rigida e pragmatica, crede sinceramente di agire per il bene del figlio, ma il suo amore si esprime come controllo, la sua protezione come una gabbia. La sua incapacità di vedere e comprendere la passione del figlio per il teatro è il simbolo di un'intera generazione di padri, forgiata dalla guerra e dalla crisi economica, che vede nell'arte un lusso futile e nella ribellione giovanile un'imperdonabile ingratitudine.
Questo scarto generazionale tra adulti e ragazzi viene risolto magistralmente dalla cifra registica di Peter Weir, che contestualizza la metafora nel plot. La Welton Academy, con i suoi quattro pilastri—"Tradizione, Onore, Disciplina, Eccellenza"—non è solo uno sfondo, ma un personaggio antagonista. La sua architettura gotica, i suoi corridoi severi, le sue regole ferree sono la manifestazione fisica di un sistema autoritario progettato per produrre cloni, non individui. Weir inserisce così il suo film in un nobile binomio storico, quello tra cinema e college, ma lo eleva. Se paragonato ad altre opere, L'Attimo Fuggente non ha la goliardia anarchica di Animal House né la critica sociale diretta dello Zéro de conduite di Jean Vigo. È qualcosa di diverso: un dramma romantico e intellettuale che crede fermamente nel potere trasformativo delle idee.
Infine, sono i poeti citati nel film a innervarsi nella storia, con la bellezza dei loro versi che traspare in filigrana attraverso la narrazione. Non sono semplici citazioni, ma catalizzatori dell'azione. È la poesia di Herrick ("Cogli la rosa quando è il momento") a spingere Knox Overstreet a corteggiare la ragazza che ama; è la passione per Shakespeare a dare a Neil il coraggio di calcare il palcoscenico; è il verso barbarico di Whitman a ispirare a Todd Anderson il suo primo, vero atto di creazione spontanea. La poesia smette di essere un testo morto sulla pagina e diventa un manuale per vivere, un'arma per combattere la disperazione e un linguaggio per esprimere l'inesprimibile. Il finale, con la sua iconica, indimenticabile sequenza—"O Capitano! Mio Capitano!"—è la sintesi perfetta del lascito di Keating. È una sconfitta apparente: il sistema vince, il professore viene licenziato. Ma il gesto dei ragazzi che salgono in piedi sui banchi è una vittoria morale e spirituale. È la dimostrazione che l'idea ha messo radici, che hanno imparato non cosa pensare, ma come pensare. Hanno trovato il coraggio di guardare il mondo da un'altra prospettiva, e questo è un insegnamento che nessuna commissione disciplinare potrà mai cancellare. E per questo rendono un ultimo struggente omaggio al loro Capitano che se ne va.
Generi
Paese
Galleria








Featured Videos
Trailer
Commenti
Loading comments...