Dune
1984
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Regista
Un film decisamente controverso e travagliato con una lunga storia alle spalle: in principio fu incaricato di realizzarlo Jodorowsky già dieci anni prima, ma proprio nella fase finale della produzione (si dice fossero già pronte le locandine) il regista cileno rinunciò. La saga del suo Dune, peraltro, è divenuta quasi più leggendaria del film stesso, un'epopea di ambizione smodata, di un cast stellare che includeva Salvador Dalí come Imperatore Shaddam IV e Mick Jagger come Feyd-Rautha, e di un team di designer visionari come Moebius, H.R. Giger e Chris Foss, le cui creazioni, benché mai approdate sul grande schermo, avrebbero poi influenzato decenni di fantascienza cinematografica. La megalomania del progetto di Jodorowsky, con un runtime stimato di oltre 10 ore e un budget che sfiorava l'impossibile per l'epoca, lo condannò prima ancora che una singola bobina venisse girata, ma il suo fantasma artistico aleggia ancora su ogni successiva incarnazione del capolavoro di Herbert.
Fu poi chiamato Ridley Scott ma anch’egli, di fronte alla sterminata mole della saga di Herbert (dieci volumi), rinunciò, preferendo dedicarsi a un altro classico della fantascienza oscura, Blade Runner, forse intuendo le insormontabili sfide di condensare un tale universo in un singolo lungometraggio senza snaturarlo.
Il progetto passò quindi nelle mani di David Lynch che operò delle sostanziose modifiche alla sceneggiatura semplificando notevolmente alcune tematiche e introducendone altre. La sua visione, intrisa di surrealismo e di un'estetica viscerale che sposa l'organico al meccanico, si scontrò spesso con le aspettative di un blockbuster di fantascienza, portando a un prodotto finale che porta indelebile il marchio del regista ma che, a tratti, tradisce i compromessi imposti dalla produzione. Non è un caso che Lynch stesso abbia disconosciuto la versione cinematografica distribuita, chiedendo che il suo nome venisse rimosso e sostituito con lo pseudonimo "Alan Smithee" nelle edizioni televisive estese, testimonianza di un'amara battaglia tra artista e studio.
Lynch rimane fedele al primo romanzo della Saga, vincitore tra l’altro di due prestigiosi premi per la letteratura di fantascienza come l’Hugo e il Nebula, ma lo infonde con la sua peculiare sensibilità, traducendo la prosa introspettiva di Herbert in immagini spesso inquietanti e simboliche, talvolta a discapito della chiarezza narrativa per chi non avesse familiarità con il testo originale.
Al botteghino fu un fiasco portentoso, poi si ritagliò una rivincita nel mercato home video divenendo nel corso degli anni un piccolo grande cult della fantascienza. La sua ricezione iniziale fu fredda, forse perché il pubblico, abituato alle chiare linee tra bene e male di Star Wars, non era pronto per la complessità filosofica, l'inquietudine barocca e le ambiguità morali che Lynch riversava sullo schermo. Eppure, con il tempo, Dune ha trovato il suo pubblico, apprezzato per la sua audacia estetica, per la sua capacità di costruire un mondo alieno che è al tempo stesso sublime e grottesco, e per aver osato portare al cinema un'opera letteraria di tale densità e importanza.
L’universo di Dune è diviso in quattro pianeti: Caladan è il pianeta natale della casata Atreides retta dal Duca Leto Atreides, stretta alleata dell’Imperatore Padishah Shaddam IV, Giedi Primo è il pianeta della casata Arkonnen comandata dal Barone Harkonnen, nemico giurato degli Atreides, il pianeta Kaitain, sede della casata imperiale, e il pianeta Arrakis o Dune, l’unico posto nell’Universo per l’estrazione della Spezia, preziosa sostanza in grado di distorcere il tempo e lo spazio per far viaggiare da un capo all’altro della galassia le navi della potente Gilda Spaziale. La Spezia, o Melange, non è solo un catalizzatore per il viaggio interstellare, ma la linfa vitale dell'Imperium, una droga mistica che estende la vita, conferisce prescienza e apre la mente a dimensioni sconosciute, rendendo chiara l'allegoria di Herbert sulla dipendenza da risorse naturali e il potere geopolitico che ne deriva. È il petrolio di un lontano futuro, ma con implicazioni spirituali e cognitive profondamente radicate.
Il barone Harkonnen ordisce un complotto in combutta con l’Imperatore per rovesciare gli Atreides e prendere il loro posto su Arrakis per l’estrazione della Spezia. La rappresentazione lynchiana degli Harkonnen è forse tra le più memorabili e perturbanti: creature di decadenza fisica e morale, il Barone (interpretato da un indimenticabile Kenneth McMillan) un pallone gonfiato di carne e perversione, un'incarnazione del male grottesco che richiama le figure oscure e deformi tipiche dell'immaginario del regista.
Paul Atreides, il figlio del Duca, riuscirà a sfuggire alla Purga riparando nel deserto dove verrà in contatto con il popolo dei Fremen, fieri guerrieri in grado di cavalcare i giganteschi vermi delle sabbie che si cibano della Spezia. Questi colossi del deserto, Shai-Hulud, non sono semplici mostri, ma divinità viventi, guardiani dell'ecosistema di Arrakis e simboli della forza indomita della natura. La loro cavalcatura da parte dei Fremen, in un rituale quasi sciamanico, è una delle immagini più potenti e iconiche del film, un'unione simbiotica tra uomo e ambiente ostile.
Grazie a loro e alla Madre, sacerdotessa dell’antico culto Bene Gesserit, scoprirà di essere il Kwisatz Haderach, l’individuo perfetto, un messia dotato di poteri di preveggenza di cui la fratellanza Bene Gesserit programmava da secoli l’avvento per mezzo di un programma di selezione genetica. Le Bene Gesserit, con le loro manipolazioni genetiche e la loro influenza politica sottile ma pervasiva, fungono da burattinaie dell'Impero, orchestrando eventi secolari per forgiare il messia perfetto, un tema che esplora i pericoli del fanatismo e il peso schiacciante della predestinazione.
Paul con l’aiuto dei Fremen e dei suoi nuovi poteri sarà in grado di muovere guerra al perfido Barone e di riprendersi Arrakis e la Spezia. L’esilio e la rinascita di Paul Atreides diviene metafora della rinascita di un intero popolo, sotto la guida mistica e militare del leggendario Mahdi e con l’aiuto della popolazione dei Fremen e dei giganteschi Vermi della Spezia l’essere supremo assurge a centro dell’Universo. La sua trasformazione, da giovane aristocratico a leader carismatico e messianico, è rappresentata con un'intensità quasi visionaria, culminando in un finale che, sebbene affrettato per esigenze di sintesi, cattura l'essenza della sua ascesa al potere.
Opera imprescindibile per seguire l’evolversi cinematografico della Fantascienza. Dune di Lynch, con le sue scenografie imponenti e i suoi effetti speciali pionieristici per l'epoca (seppur non sempre impeccabili), ha lasciato un'impronta indelebile sull'immaginario sci-fi, influenzando visivamente opere successive e consolidando l'idea che la fantascienza potesse essere anche espressione di un'estetica surreale e onirica.
Nonostante i suoi detrattori un film che conserva un fascino ineludibile. Contribuiscono certamente le musiche dei Toto e di Brian Eno, una fusione inaspettata tra la maestosità rock della band e l'atmosfera eterea dell'artista ambient, che creano una colonna sonora indimenticabile e distintiva. La loro collaborazione è un esempio perfetto di come elementi apparentemente dissonanti possano convergere per forgiare un'identità sonora unica e potente, mentre l’amore di Lynch per gli scritti di Herbert ritrovano una riduzione cinematografica meravigliosa, un tentativo audace di rendere giustizia a un'opera letteraria titanica, anche se imperfetto, resta un monumento di coraggio e visione.
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