La Valle dell'Eden
1955
Vota questo film
Media: 0.00 / 5
(0 voti)
Regista
Elia Kazan, con grande e sontuoso mestiere, non solo traduce, ma rifonde la materia romanzesca, plasmando in ogni inquadratura l'incombente dramma umano. Il suo occhio per la composizione, la sua capacità di far respirare gli spazi aperti della Valle del Salinas in Cinemascope, trasformando il paesaggio in un correlativo oggettivo dell'animo tormentato dei personaggi, elevano la pellicola oltre la mera trasposizione. Kazan, maestro indiscusso della Method Acting, infonde nella narrazione una profondità psicologica tale da rendere quasi palpabile l'inquietudine latente in ogni gesto, in ogni silenzio. Prende in mano il romanzo di Steinbeck e da un capolavoro letterario riesce a ricavarne un capolavoro cinematografico.
La storia segue le gesta di Cal Trask, un giovane in eterna competizione con il fratello Aron per ottenere un briciolo d’amore dal padre che gli preferisce il figlio maggiore. Questa dinamica, che è il cuore pulsante del racconto, non è che una risonanza della millenaria narrazione biblica di Caino e Abele, trasportata nella complessa e spesso ipocrita morale americana di inizio secolo. Adam Trask, il padre, incarna una figura patriarcale rigida, quasi puritana, la cui ceca adesione a un ideale di 'bontà' lo rende tragicamente incapace di vedere e accettare la natura più oscura, ma forse più autentica, di Cal. Il suo desiderio di creare un Eden terrestre nella valle californiana si scontra con l'ineluttabilità della natura umana, con la corruzione intrinseca e con l'eredità di una madre (la misteriosa Kate) che, pur assente, proietta un'ombra lunga e indelebile sul destino del figlio 'perduto'. È una disamina acuta del peccato originale non come punizione divina, ma come fardello emotivo e psicologico che si tramanda di generazione in generazione, rendendo la redenzione un percorso arduo e incerto.
Durante lo sconvolgimento della prima guerra mondiale il padre di Cal perderà gran parte della sua fortuna e Cal si sentirà in dovere di correre in suo aiuto, in un tentativo disperato di conquistare quell'approvazione mai ottenuta, quasi a voler riscattare una colpa non sua, ma inscritta nel suo essere.
Molto buona anche la recitazione di James Dean che restituisce all’inquieto personaggio di Cal un’umbratilità di fondo che lo rende più vero e credibile. In questa, che fu la sua prima vera incursione nel grande schermo e unica uscita in vita, Dean non recita semplicemente: egli incarna Cal Trask. Con la sua gestualità nervosa, lo sguardo tormentato e quella vulnerabilità appena velata da una corazza di ribellione, Dean diventa il prototipo dell'adolescente incompreso, l'antitesi di un'America del dopoguerra che celava sotto una superficie di prosperità un profondo senso di alienazione. La sua performance non è solo 'buona', è sismica; ha ridefinito l'archetipo dell'eroe giovanile tormentato, anticipando di poco il successo di 'Gioventù bruciata' e consacrandolo a icona generazionale. Si inserisce in una lineage di attori 'Metodo' come Marlon Brando e Montgomery Clift, ma porta una propria, unica intensità, una furia interiore che sembrava scaturire da un luogo di autentico dolore, rendendolo l'emblema di un'intera generazione irrequieta e alla ricerca di un senso. Il suo Cal è un vulcano di emozioni represse, un'anima scorticata che cerca disperatamente un barlume d'amore e accettazione, e questa sua visceralità cattura lo spettatore, trascinandolo nel suo abisso emotivo.
Rispetto al lavoro di Steinbeck, che era principalmente di denuncia sociale, Kazan preferisce affinare l’indagine psicologica dei personaggi, così che si perde quel senso di dramma di un conflitto tra classi sociali per trasformarsi piuttosto in un conflitto generazionale, questo senza stravolgere affatto il senso del romanzo, sia chiaro. Questa scelta non è una limitazione, ma un'esaltazione della maestria registica di Kazan. Da sempre attratto dalle complessità dell'animo umano – si pensi a 'Un tram che si chiama desiderio' o 'Fronte del porto' – il regista focalizza la sua lente sulla lotta intima per l'accettazione e l'amore filiale, riflettendo le crescenti ansie sociali e psicologiche dell'America degli anni '50. Il 'conflitto generazionale' non è qui un mero scontro tra vecchio e nuovo, ma un'indagine sulla capacità (o incapacità) di perdono, sulla ricerca di identità in un mondo che sembra rifiutarti, e sulla persistenza del peccato originale e della possibilità di redenzione. Non è più la miseria materiale a definire il dramma, ma la miseria affettiva, l'incapacità di comunicare, i segreti inconfessabili e il peso del passato familiare che schiaccia i singoli individui. Kazan, in questo senso, trasforma il macrocosmo sociale di Steinbeck in un microcosmo familiare intensissimo, dove ogni sguardo, ogni parola non detta, ogni gesto tradisce un'anima in pena.
Un film sfolgorante nella sua immensa cifra stilistica, un punto cardinale non solo nella filmografia di Kazan o nella breve ma folgorante carriera di James Dean, ma nell'intera storia del cinema americano. È un'opera che, pur radicandosi in un contesto storico e culturale preciso, trascende il tempo e continua a parlare con voce potente e commovente delle eterne lotte dell'uomo con la sua natura, con il suo retaggio e con il suo bisogno inalienabile di amore e riconoscimento. Un capolavoro di malinconica bellezza, che riverbera nell'anima dello spettatore ben oltre i titoli di coda, lasciando un'eco persistente della valle, e dei suoi tormenti, nella memoria collettiva.
Attori Principali
Generi
Paese
Galleria



Featured Videos
Trailer Ufficiale
Commenti
Loading comments...