Gandhi
1983
Vota questo film
Media: 0.00 / 5
(0 voti)
Regista
Attenborough si accosta alla biografia del grande uomo di pace indiano cogliendone l’intimo senso di equilibrio spirituale e il morbido carisma, decisamente aiutato nell’impresa da un gigantesco Ben Kingsley nel ruolo del protagonista. La sua personificazione non è una semplice imitazione, ma una vera e propria incarnazione, un’immersione quasi mistica che trascende la mera recitazione per attingere a una dimensione di veridicità archetipica. Kingsley non si limita a vestire i panni di Gandhi; egli ne diviene l’anima, il respiro, la vulnerabilità e la granitica determinazione, un’impresa attoriale che si pone in linea con le massime espressioni del method acting pur conservando la ieratica compostezza richiesta dal personaggio. Questa scelta di casting, tanto audace quanto illuminata, si rivelò cruciale, poiché la credibilità dell’intero progetto poggiava in larga misura sulla capacità di un singolo attore di sostenere il peso di una figura tanto iconica e complessa. Attenborough, maestro nel gestire produzioni di vasta scala e nel cesellare ritratti biografici (come dimostrato anche in opere successive come Cry Freedom o in quelle precedenti di ampio respiro storico-bellico quali A Bridge Too Far), qui eleva la biografia a epopea senza mai sacrificarne l'intimità.
Ne scaturisce un’opera imponente in cui la vita dello statista è ripercorsa con storica naturalezza mentre in filigrana si intravede il fine lavoro di cesello del regista nel restituire i crismi di un mondo sferzato dal colonialismo inglese e brulicante di tradizioni e sentimento transnazionale. La grandezza visiva del film non è mai fine a sé stessa; ogni inquadratura, ogni scenografia sontuosa e ogni costume meticolosamente riprodotto contribuiscono a dipingere un affresco storico di rara autenticità. Attenborough ci immerge senza remore nella brutalità del Raj britannico, nei suoi paradossi e nelle sue ingiustizie, ma lo fa con una sottigliezza che evita il facile didascalismo. Non è un’accusa frontale, quanto piuttosto l’implacabile esposizione di un sistema che, nella sua presunta civiltà, generava profonde lacerazioni e umiliazioni. La fotografia di Billy Williams e Ronnie Taylor, con i suoi ampi panorami e i suoi primi piani intensi, cattura la magnificenza e la miseria, il fervore delle masse e la solitudine del leader, creando un tessuto visivo che è allo stesso tempo grandioso e intimo.
Si ripercorre la vita di Gandhi dagli studi in Inghilterra, l’apprendistato politico in Sudafrica, il rientro in patria con i primi digiuni politici di protesta, fino alla consacrazione di un leader che seppe unire un intero popolo sotto la bandiera di un pacifismo mai di facciata, ma vero, reale, corporeo. La progressione narrativa del film, pur seguendo una cronologia rigorosa, non è mai piatta; è scandita da momenti di crisi profonda e da illuminazioni improvvise, da sconfitte apparenti e da vittorie morali che risuonano ben oltre il contesto immediato. Il Satyagraha, la "forza della verità" o "insistenza sulla verità", non è presentato come una mera tattica politica, ma come una dottrina filosofica complessa, una forma di resistenza attiva che richiede un coraggio e una disciplina spirituale ben maggiori della violenza stessa. Il digiuno, in particolare, viene mostrato non come un atto di auto-punizione, ma come una potentissima arma di pressione morale, capace di scuotere le coscienze e di unire le fazioni in lotta, un simbolo potentissimo del suo impegno a incarnare il messaggio che predicava. Questo pacifismo "corporeo" è il fulcro attorno cui ruota l’intera narrazione, un insegnamento che trova eco e risonanza nei movimenti per i diritti civili guidati da Martin Luther King Jr. o nella lotta contro l’apartheid in Sudafrica, dimostrando la sua universalità e atemporalità.
Grande lavoro in sede di sceneggiatura di John Briley che riesce a infondere nell’opera una visione imparziale e disincantata di una porzione di Storia in cui il Regno Unito ha visto sgretolarsi una delle più imponenti colonie che nazione europea avesse mai posseduto. La sfida di Briley non era soltanto quella di comprimere decenni di storia e la vita di un uomo monumentale in poco più di tre ore, ma anche di presentare le molteplici sfaccettature di un conflitto complesso, evitando semplificazioni manichee. Egli non si sottrae dal mostrare le divisioni interne alla società indiana, le tensioni tra indù e musulmani, e le complessità etiche delle scelte di Gandhi, che pure non furono esenti da critiche. La sceneggiatura è un equilibrio precario ma magistrale tra il racconto personale e l’affresco storico-politico, dove gli eventi epocali non sono semplici sfondi, ma dirette conseguenze delle azioni e delle convinzioni dei protagonisti. L'esito finale della dominazione britannica, la Partizione e le sue tragiche conseguenze, sono trattati con una sensibilità che riconosce il costo umano del cambiamento, anche quando questo è dettato dalla più giusta delle cause.
Il film trasuda ammirazione per l’uomo e la sua azione politica ma senza mai scadere nel panegirico. Questa è forse la sua qualità più sottile e meritoria. Non è una mera agiografia, ma un ritratto a tutto tondo che, pur celebrando la grandezza di Gandhi, non ne ignora le sfide, le fatiche e le incomprensioni, restituendo la figura di un leader sì ispirato, ma profondamente umano. Vengono mostrati i momenti di dubbio, la solitudine del visionario, la fragilità fisica di fronte alle prove estenuanti, il peso schiacciante della responsabilità. È proprio in questa umanizzazione dell'icona che il film trova la sua forza più autentica, rendendo Gandhi non solo un simbolo irraggiungibile, ma anche un modello di etica e di coraggio accessibile e comprensibile, un uomo che ha saputo elevare la propria esistenza a messaggio universale.
Un film decisamente didattico, per insegnare ai nostri figli il supremo insegnamento di questo piccolo grande statista: il valore della non violenza in un mondo in cui ogni cosa travalica brutalmente l’altra. Ma più che un semplice manuale di storia o un’esortazione morale, Gandhi è un’opera che stimola la riflessione profonda sulla natura del potere, sulla forza della resistenza pacifica e sulla capacità dell’individuo di influenzare il corso della storia. La sua rilevanza non è diminuita con il passare del tempo; anzi, in un’epoca di crescente polarizzazione e di violenza diffusa, il messaggio di Gandhi, veicolato con tale potenza cinematografica, risuona con una risonanza ancora più acuta. È un monito perenne, un faro che illumina il cammino verso una convivenza civile e pacifica, ricordandoci che la vera forza non risiede nella capacità di distruggere, ma in quella, infinitamente più ardua e nobile, di costruire, di unire e di perdonare. Il film, in definitiva, non è solo la storia di un uomo, ma l'epopea di un'idea che, dalla polvere dell'India coloniale, ha saputo irradiare la sua luce sul mondo intero.
Attori Principali
Galleria








Commenti
Loading comments...