Hero
2002
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Regista
Una sontuosa produzione per il film più costoso mai realizzato in Cina, divenuto istantaneamente fenomeno di massa alla sua uscita in Oriente e simbolo di una nuova, ambiziosa fase del cinema nazionale. Con un budget di circa 30 milioni di dollari dell'epoca, "Hero" non fu soltanto un successo commerciale senza precedenti, ma anche un'affermazione audace delle capacità produttive e artistiche della Cina sul palcoscenico globale, preparando il terreno per l'ondata di kolossal storici che avrebbero seguito. Fu il manifesto di un'industria in rapida crescita, desiderosa di catturare l'attenzione del mondo non solo attraverso le storie più intime e realistiche che avevano caratterizzato i primi anni di Zhang Yimou, ma anche attraverso lo sfarzo epico e la spettacolarità visiva.
Negli Stati Uniti si incarica la Miramax di curarne la distribuzione su assillante richiesta di Quentin Tarantino che, folgorato dalla visione del film, volle che fosse a tutti i costi distribuito nelle sale americane, anche ritardandone l'uscita per evitare la sovrapposizione con altri titoli di punta. L'insistenza di Tarantino, noto appassionato e profondo conoscitore del cinema asiatico, in particolare di quello di arti marziali, conferì al film un'aura di "oggetto di culto" ancor prima della sua proiezione, contribuendo a cementare il suo status di ponte culturale tra l'Oriente e l'Occidente. Non era solo un film di Wuxia, ma un'opera che parlava un linguaggio universale, capace di ammaliare pubblici diversi con la sua ineguagliabile bellezza.
Nel 201 A.C. la Cina è divisa in sette regni, in violento conflitto ognuno contro l’altro. Un periodo storico di incessante guerra, che vide la costante ricerca di un'unificazione destinata a plasmare l'identità della nazione. Il sovrano del più potente di essi, il regno di Qin, il futuro Primo Imperatore, teme per la propria vita perché sa che tre temibili assassini sono stati assoldati dagli altri regni per ucciderlo: Cielo, grande specialista della lancia, Neve che Vola, insuperabile spadaccina e Spada Spezzata, maestro nelle arti della Spada e della Calligrafia. Questi ultimi due, oltre a essere guerrieri leggendari, sono anche amanti, la cui relazione tragica si intreccerà indissolubilmente con il destino della Cina.
Grande è la sua sorpresa quando accoglie un viaggiatore che sostiene di aver battuto in duello uno dopo l’altro i tre samurai. Il Re, che concede udienza soltanto a persone collocate a non meno di cento passi da lui, concede allo sconosciuto di avvicinarsi di venti passi per ogni nemico del regno di Qin che questi possa dimostrare di aver sconfitto. Inizia così un meraviglioso racconto delle imprese dello straniero senza nome, una narrazione che, a ogni passo più vicino al trono, si rivela non solo una storia di coraggio, ma un labirinto di verità multiple, percezioni distorte e sacrifici ineffabili. La struttura a incastro, che ricorda per certi versi la lezione di Rashomon di Kurosawa nella sua esplorazione della soggettività della verità, è un elemento cruciale: ogni versione degli eventi non è semplicemente un flashback, ma un filtro attraverso cui i personaggi proiettano le proprie motivazioni, paure e ideali. La realtà non è mai univoca in "Hero", ma un mosaico di prospettive che si sovrappongono e si contraddicono, riflettendo la complessità dei dilemmi morali che animano i protagonisti.
Quando la perfezione stilistica incontra il cinema nascono film come questo "Hero" di Zhang Yimou, davvero un grande maestro dell’immagine intesa come vettore iconografico di stile e suggestione. Dopo anni di pellicole più intime e radicatamente ancorate a un realismo sociale, come "Sorgo Rosso" o "Lanterne Rosse", Yimou si cimenta con l'epica, non tradendo però la sua sensibilità artistica ma elevandola a un nuovo livello di magniloquenza. La sua regia, coadiuvata dalla fotografia visionaria di Christopher Doyle, trasforma ogni fotogramma in un'opera d'arte, un dipinto in movimento che attinge alla ricchezza estetica della pittura tradizionale cinese e alla fluidità della calligrafia. Le scene di combattimento, in particolare, sono più simili a balletti aerei, a coreografie di danza dove la gravità è un'optional e il corpo umano diventa strumento di espressione di grazia e potenza, superando la mera violenza per raggiungere una dimensione quasi spirituale. È il Wuxia elevato a forma d'arte pura, in cui l'abilità marziale è una manifestazione dell'armonia interiore e della connessione con la natura.
Davvero splendido l’uso dei colori che caratterizzano fasi precise della narrazione: nel racconto di Senza Nome predomina il rosso, simbolo della passione, della violenza primordiale e del sacrificio intriso di sangue, ma anche dell'amore tormentato tra Neve che Vola e Spada Spezzata; nel racconto del re di Qin il blu, colore della maestà imperiale, della strategia fredda e distaccata, della solitudine del potere e della visione di un'unità che prescinde dalle vite individuali; nel flashback di Senza Nome il bianco e il beige, tinte che evocano la purezza della verità, la spiritualità, la morte, ma anche l'idea di una rinuncia e di un sacrificio supremo per un ideale più grande; nel flashback di Spada Spezzata il verde, colore della natura, della pace agognata, del ricordo di un'armonia perduta o di un futuro desiderato, forse più utopico, che si scontra con la dura realtà della politica e della guerra. Questa tavolozza cromatica non è una semplice scelta estetica, ma un linguaggio narrativo a sé stante, che guida lo spettatore attraverso le diverse interpretazioni della verità e le sfumature emotive di ogni personaggio, elevando il film a una sinfonia visiva.
Un’estasi per gli occhi e per l’anima questo film di Yimou Zhang, dove una millenaria cultura orientale si armonizza perfettamente con un’estetica moderna, cifra stilistica di un regista dal grande gusto iconografico e dal notevole bagaglio tecnico. "Hero" non è solo un film di arti marziali; è una profonda meditazione sul concetto di Tianxia ("Tutto sotto il Cielo"), ovvero l'unificazione della Cina sotto un unico potere, e sul prezzo, spesso sanguinario, che la storia ha richiesto per raggiungerla. Il dilemma tra l'eroismo individuale, la vendetta personale e il bene superiore della nazione è il cuore pulsante del film, culminante nella decisione finale di Senza Nome, che incarna la difficile scelta tra la giustizia privata e la pace collettiva. La calligrafia, non un semplice hobby, ma un'arte marziale, una filosofia di vita, è un leitmotiv potente che lega la violenza alla disciplina, l'azione alla contemplazione. E mentre "La tigre e il dragone" aveva aperto le porte del Wuxia al pubblico globale con la sua eleganza malinconica, "Hero" ha irrotto con la sua audacia cromatica e la sua epicità monumentale, consacrando Zhang Yimou come un maestro capace di bilanciare la grandezza della storia con l'intimità dell'animo umano, lasciando un'impronta indelebile nella storia del cinema mondiale.
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