Il Silenzio degli Innocenti
1991
Vota questo film
Media: 3.00 / 5
(1 voti)
Regista
Uno dei migliori thriller degli anni novanta, vincitore di cinque Oscar e dell’Orso d’oro a Berlino, raccoglie la grande lezione di Alfred Hitchcock tessendo una storia giocata sul profilo psicologico dei suoi interpreti principali. Non è un caso che Il Silenzio degli Innocenti, con la sua architettura narrativa che si dispiega come un'indagine tanto esterna quanto interiore, abbia conseguito la rarissima impresa di aggiudicarsi i "Big Five" agli Academy Awards (Miglior Film, Regia, Attore, Attrice, Sceneggiatura) – un traguardo che lo pone in un pantheon esclusivo con capolavori come Accadde una Notte e Qualcuno Volò sul Nido del Cuculo. Il lascito hitchcockiano qui non si limita alla mera suspense; è l'eredità di un'arte che indaga l'inquietudine attraverso la psicologia, la patologia celata dietro la superficie, e il senso di vulnerabilità che permea le dinamiche umane. Il regista Jonathan Demme, lungi dall'imitare, assorbe questa lezione e la reinterpreta con una sensibilità contemporanea, trasformando lo spettatore in un partecipante quasi voyeuristico di un duello intellettuale.
Tratto dal romanzo omonimo di Thomas Harris e ottimamente adattato per il grande schermo da Ted Tally, Silence of the Lambs è fondamentalmente una battaglia di coscienze, un confronto serrato tra identità psicologiche disparate la cui interrelazione dà origine alla narrazione. L'abilità di Tally risiede nel distillare la densità psicologica del romanzo di Harris, trasformando monologhi interiori in dialoghi taglienti, preservando la cupezza gotica della prosa originale e la tensione claustrofobica dei capitoli carcerari. La scrittura è cesellata, ogni parola ha un peso, ogni scambio è un passo in più in una danza macabra ma irresistibile.
Clarice Starling (Jodie Foster) è una giovane e brillante recluta dell'FBI che, per volontà del suo diretto superiore Jack Crawford, viene chiamata ad indagare su Buffalo Bill, fantomatico serial killer che scuoia le sue vittime. Clarice sarà inviata a chiedere l'aiuto di Hannibal Lecter, psicologo detenuto in un carcere di massima sicurezza, antropofago e artista, e reputato a conoscenza di particolari fondamentali sulla vita dell'assassino a cui l'FBI sta dando la caccia. Clarice, con il suo accento del West Virginia e un passato tormentato, si erge come un archetipo di resilienza. La sua vulnerabilità è la sua forza, la sua "educazione" da parte di Lecter non è solo un mezzo per catturare un assassino, ma un rito di passaggio che la costringe a confrontarsi con i propri demoni – un tema universale di crescita attraverso la sofferenza, incarnato dal suo tentativo di "far tacere l'urlo degli agnelli" del suo passato.
L'incontro con Lecter è il punto focale del film, il cuore pulsante e nerissimo da cui si irradia ogni singola pulsazione narrativa. Hannibal, dotato di smisurato gusto ed erudizione, inizialmente gioca crudelmente con la giovane Clarice, indispettito dal fatto che Crawford abbia osato inviare una semplice recluta per ottenere informazioni. Questo scambio iniziale è un saggio di potere intellettuale, in cui Lecter sonda e trafigge le difese di Clarice con una precisione chirurgica. Gradualmente però si instaurerà uno strano rapporto fra i due di mutuo rispetto, una dinamica che trascende la classica relazione tra predatore e preda, trasformandosi in una forma perversa di mentorato. Lecter non è solo un mostro; è un oracolo distorto, un mentore oscuro la cui "cura" per Clarice consiste nel costringerla ad affrontare le sue paure più profonde, un "quid pro quo" che diviene la chiave di volta della loro interazione.
La battaglia psicologica tra Lecter e la Starling è giocata su dialoghi serrati, su particolari raccapriccianti e sul disagio che la donna prova ad essere in quel posto, fianco a fianco con i peggiori psicopatici del Paese. La scenografia del manicomio criminale, con le sue celle anguste e i volti disperati dei reclusi, diviene una metafora visiva della mente umana, un labirinto di ossessioni e orrori. La macchina da presa di Demme, spesso in primissimo piano su Clarice, la pone al centro di ogni inquadratura, esaltando il suo isolamento e la sua determinazione, quasi invitando lo spettatore a condividere la sua prospettiva claustrofobica e la sua ansia palpabile.
Alla fine Lecter convincerà Crawford di voler collaborare ma approfittando di una cella temporanea nella quale lo rinchiudono riuscirà ad evadere in una sequenza che rimane nella storia del cinema per la sua spietata efficacia e per l'audacia della messa in scena. La fuga di Lecter è un balletto di orrore e ingegno, un'esibizione della sua crudeltà calcolata e della sua quasi soprannaturale capacità di manipolazione, un momento che cristallizza la sua iconicità nel pantheon dei villain cinematografici. Clarice intanto, grazie alle mezze parole di Lecter e alla sua innata intuizione, riuscirà ad individuare la casa di Buffalo Bill e dopo una disperata lotta finale ad avere ragione di lui. La sequenza nel buio, in cui Clarice brancola alla cieca mentre Buffalo Bill la osserva con il visore notturno, è un capolavoro di tensione pura, un ribaltamento dei ruoli tradizionali di cacciatore e preda che sottolinea la sua autonomia e la sua straordinaria capacità di resilienza.
Grazie alla mostruosa interpretazione di Hopkins, come già accennato, le scene degli incontri con Lecter sono tra le più significative dell'opera. Hopkins ha creato un'icona con un tempo schermo sorprendentemente limitato (circa 16 minuti), ma ogni secondo è intriso di una presenza magnetica, di una grazia raccapricciante. Gli occhi di ghiaccio dell'uomo non perdono di vista Clarice mentre scarnificano la sua mente mettendone a nudo ogni più intima pulsione. Non è solo terrore, è una forma perversa di seduzione intellettuale. L'inquadratura è come attratta magneticamente dal macabro spettacolo e indugia a lungo sullo sguardo di Lecter conferendo un'atmosfera spettrale, un lungo brivido di angoscia che passa da Clarice allo spettatore. La fotografia di Tak Fujimoto, che predilige i primi piani strettissimi e una palette cromatica fredda, esalta ulteriormente l'intimità disturbante di questi scambi e l'alienazione di Clarice in un mondo dominato da una violenza maschile latente o manifesta. La colonna sonora di Howard Shore, poi, aggiunge strati di malinconia e inquietudine, elevando il thriller a una dimensione quasi operistica.
Il Silenzio degli Innocenti non è solo un thriller impeccabile; è uno studio psicologico che esplora la natura del male, la resilienza dell'individuo e le ambiguità della moralità. La sua influenza è stata enorme, definendo per anni il genere del "serial killer movie" e spostando il focus dall'azione gore all'analisi introspettiva e al profiling criminale. Un grande capitolo di cinema, che continua a riverberare con la forza di un classico intramontabile, capace di scrutare l'abisso e di mostrare come, anche nel cuore della tenebra, possa nascere una forma perversa ma potente di comprensione umana.
Attori Principali
Paese
Galleria












Featured Videos
Trailer Ufficiale
Commenti
Loading comments...