La La Land
2016
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Regista
Mia e Sebastian, anime gemelle eppure destinate a orbitare in universi paralleli, condividono un’insaziabile passione per la propria arte e un’irrefrenabile, quasi disperata, voglia di arrivare al successo. È l'eterno dilemma di Hollywood, la chimera scintillante che attrae e consuma, la promessa di gloria che spesso si traduce in un purgatorio di provini e attese.
Mia, un’aspirante attrice, incarna perfettamente questa tensione. Il suo quotidiano è scandito da un'interminabile serie di audizioni umilianti, intervallate dal lavoro di barista in un caffè a pochi passi da quegli studios che rappresentano il suo Eldorado inaccessibile. Non è solo un mestiere, è una costante e dolorosa vicinanza al sogno, un perenne sfiorare l'oggetto del desiderio senza mai afferrarlo.
Sebastian, d'altra parte, è un pianista jazz che custodisce il sogno di salvare la musica che ama dalla morsa della commercializzazione, di far rivivere la purezza del suo spirito in un proprio locale. La sua sopravvivenza è legata a serate in locali da quattro soldi, dove la sua arte è ridotta a mero sottofondo per conversazioni distratte, un'offesa quasi fisica alla sua sensibilità di purista.
L’incontro tra questi due spiriti affini non poteva non essere fatale. Una serie di collisioni apparentemente casuali, eppure intrise di un destino ineludibile, li porta a condividere non solo sogni e passioni, ma anche le disillusioni e le durezze di un ambiente che non perdona la debolezza. In un intreccio di sguardi, note e passi di danza, i due si avvinghiano l'uno all'altra, innalzando una bolla effimera di amore e possibilità nel cuore di una Los Angeles indifferente.
Poi, l'incrinatura, un taglio netto nel tessuto sottile della loro felicità. La vita, con le sue pretese ineludibili, irrompe. Mia attende invano Sebastian ad una prima teatrale importante, il culmine di anni di sforzi, un momento che avrebbe dovuto essere celebrato insieme. Sebastian, per raggiungere quella stabilità che Mia necessita per inseguire i suoi sogni, firma per un gruppo per il quale non condivide la commercializzazione del Jazz, tradendo i suoi stessi ideali, la sua "missione". E i due, assorbiti dalle rispettive carriere, dalle scelte che definiscono la loro identità professionale, si perdono, o meglio, si allontanano lungo percorsi divergenti. È il sacrificio supremo sull'altare dell'ambizione, la dolorosa consapevolezza che, talvolta, per raggiungere un sogno individuale, si deve rinunciare a quello condiviso.
Ma il destino, nella sua crudele ironia, tesse trame inestricabili. Più tardi, quando le scelte della vita li avranno allontanati in modo apparentemente definitivo, i due si ritroveranno. E una sottile, bruciante scintilla accenderà, per un unico, lunghissimo istante, i loro sguardi. Un riconoscimento muto, un "e se" che condensa anni di rimpianto e di amore sopito, proiettando nella mente dello spettatore un'ipotesi di felicità mai realizzata, il vero, straziante epilogo emotivo di questa favola agrodolce.
Ci sono emozioni talmente forti e prorompenti da non poter essere esteriorizzate a parole, ma con un linguaggio innato e primordiale come la musica. Damien Chazelle, dopo aver esplorato la disperata ossessione della perfezione in Whiplash, fa qui un passo ulteriore, integrando la danza alla musica e avvalendosi di un lessico forgiato dai corpi di Fred Astaire e Ginger Rogers, codificato in un genere che fece la fortuna di Hollywood: il Musical. Non è una mera rievocazione, ma una reinterpretazione filologica e audace.
Una Grammatica del Corpo che si accorda alla Musica, un canone espressivo sbocciato a Broadway e trapiantato a Hollywood nel 1927 con The Jazz Singer di Alan Crosland, che segnò l'avvento del sonoro. Questo canone ha poi transitato dalla rigida eleganza di Cappello a Cilindro e la leggerezza eterea di Astaire e Rogers, al fiabesco esotismo de Il Mago di Oz, alla sobria levità e all'impressionismo cromatico di un Americano a Parigi, alla serena sguaiatezza e all'auto-ironia di Cantando sotto la Pioggia – un film che già allora si interrogava sull'evoluzione del medium cinematografico – fino alle perfette architetture coreografiche di West Side Story, che portò il musical in strada, tra il fango e la violenza della realtà urbana. E in questo pantheon, Chazelle non esita a inserire un omaggio ancor più profondo, quello a Jacques Demy, e in particolare a Les Parapluies de Cherbourg e Les Demoiselles de Rochefort, dai quali La La Land mutua non solo la palette cromatica vibrante e l'uso del canto come dialogo quotidiano, ma anche la malinconia intrinseca di amori impossibili e destini divergenti.
Tutti questi archetipi sono parte del DNA di Chazelle, che dirige La La Land con totale libertà espressiva ma al contempo filologicamente fedele a questa tradizione per cui nutre un amore sconfinato, quasi reverenziale. Il risultato è un’opera di una leggerezza palpitante, che vibra di un'energia contagiosa e di una nostalgia struggente, un viaggio attraverso la musica e l’amore, i due grandi temi che si intrecciano in questo film dando vita ad una narrazione vibrante ed emozionante. La Los Angeles dipinta da Chazelle, soprattutto nelle incantevoli sequenze girate durante l'“ora magica”, quella transizione tra il giorno e la notte, diventa essa stessa un personaggio, un fondale da sogno che amplifica la poesia e la malinconia della vicenda.
Costellato di balletti memorabili, che spaziano dalla coreografia corale e sfrenata sull'autostrada al sublime passo a due nel Planetario, di coreografie vorticose catturate in lunghi piani sequenza che sembrano sfidare la gravità e le leggi della fisica, e di una colonna sonora davvero ammaliante, composta da Justin Hurwitz, che è parte integrante della narrazione emotiva, La La Land riporta in auge con lustro e solennità il Musical. Riesce a fare breccia nel cuore dello spettatore tramite un idioma semplice e sofisticato allo stesso tempo, un linguaggio universale fatto di sogni infranti e di speranze tenaci. L’abbacinante sincronia dei movimenti dei due protagonisti, la loro crepuscolare armonia che si dispiega tra le luci al neon e i tramonti dorati di Los Angeles, il loro dialogo corporeo che comunica più di mille parole, è il fulcro semantico di questo film. Mia e Sebastian non sono solo personaggi; sono musica stessa, aeree e diafane creature che si librano sui loro stessi affanni e affermano un diritto inalienabile dell’uomo: quello di amarsi, anche e soprattutto quando l'amore si scontra con la dura, inevitabile realtà della vita e dell'ambizione.
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