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La Strada

1954

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Forse non tutti sanno che questo film era il preferito in assoluto di Walt Disney e che spesso il maestro del disegno lo additava come riferimento nella storia della cinematografia. Un'ammirazione, questa, che a prima vista potrebbe sembrare enigmatica, data la cruda austerità neorealista che anima il racconto felliniano, ma che in realtà svela la capacità del film di trascendere la sua matrice e toccare corde universali, proprie di una favola moderna calata nel grigio del dopoguerra.

E in effetti il film di Fellini è un’opera di magnificente candore trasposto su pellicola, un unico corpo narrativo, maestoso e coeso, in cui indulgere e ritrovarsi. È una ballata visiva che si dispiega con la gravità di un mito, permeata da una malinconia intrinseca e da una disarmante autenticità emotiva.

Giulietta Masina interpreta una ragazza indigente venduta ad un artista di strada, il temibile Zampanò, interpretato da un grande Anthony Quinn. La Gelsomina della Masina non è semplicemente una "ragazza di strada"; è l'incarnazione di una purezza atavica, di una curiosità bambina e di una sete di significato che la spinge oltre la mera sopravvivenza. I suoi occhi, specchi di un'anima innocente eppure profondamente ferita, sono il centro gravitazionale di ogni inquadratura, capaci di esprimere un intero universo di pathos senza proferire parola, in un omaggio non dichiarato alla pantomima e al cinema muto che riecheggia la genialità di un Charlie Chaplin.

La ragazza verrà impiegata dall’uomo nel suo show itinerante. Tra i due nascerà un rapporto contraddittorio dove senso di possesso e scoperta di un’umanità latente saranno i sentimenti predominanti. Ma è una contraddizione che si rivela un brutalmente delicato balletto di dipendenza e crudeltà, di anelito e di ottusità. Zampanò, con la sua forza bruta e la sua incapacità di esprimere affetto se non attraverso gesti di violenta possessività, rappresenta l'archetipo dell'uomo primitivo, prigioniero delle sue pulsioni più rozze. Gelsomina, d'altra parte, cerca disperatamente un barlume di connessione, una ragione d'essere in un mondo che sembra rifiutarle ogni forma di tenerezza. Il loro legame è un’odissea psicologica, un viaggio non solo attraverso i paesaggi desolati dell'Italia del dopoguerra, ma anche nelle profondità di due anime solitarie, incapaci di comunicare ma indissolubilmente legate da un destino tragico. L'introduzione del terzo incomodo, Il Matto (interpretato da Richard Basehart), con le sue riflessioni sulla necessità di ogni cosa nell'universo ("Ogni sassolino, ogni filo d'erba, ogni fiorellino... serve a qualcosa"), agisce da catalizzatore, offrendo a Gelsomina una chiave di lettura esistenziale che squarcia il velo della sua ingenuità e la precipita in una crisi di coscienza devastante, fungendo da coscienza morale per lo spettatore e per i protagonisti stessi.

La trama del film, sebbene di una lucida semplicità, regala perle iconografiche appartenenti all’universo felliniano che avrebbero costellato gran parte della sua produzione: il circo, la ragazza di strada, il burbero padrone, il road movie. Questi elementi non sono semplici dettagli scenografici o narrativi, ma veri e propri archetipi che Fellini eleverà a metafore universali. Il circo diventa il palcoscenico della vita, un luogo di illusioni e verità amare, dove la fragilità umana è esposta e spettacolarizzata. Il "road movie" si trasforma in un itinerario non solo fisico ma spirituale, una ricerca di un significato in un'esistenza che appare priva di radici, un tema che il regista avrebbe esplorato con ancora maggiore complessità in opere come "Roma" o "Amarcord". La desolazione dei paesaggi italiani, ripresi con una fotografia di sobria potenza (dovuta anche alla collaborazione con Carlo Carlini e Otello Martelli), sottolinea la solitudine esistenziale dei personaggi, rendendo l'ambiente un co-protagonista silenzioso di questa struggente ballata.

Il film può considerarsi elemento di transizione tra il rigido neorealismo di Rossellini e De Sica e un genere più orientato verso la suggestione onirica e il racconto autobiografico, un genere, sia detto chiaramente, creato ex novo dal regista riminese. Sebbene Fellini mantenga l'attenzione per la gente comune, l'ambientazione rurale e la presenza di attori non professionisti in ruoli minori, egli si distacca dalla mera cronaca sociale per immergersi nelle profondità psicologiche dei personaggi. Non più cinema di denuncia sociale pura, ma un'esplorazione dell'interiorità, un'indagine sulla condizione umana che precede il "cinema dell'anima" che diventerà il suo marchio di fabbrica. La poetica della strada, con le sue tappe incerte e i suoi incontri fugaci, diviene una lente attraverso cui osservare la ricerca spasmodica di un senso, la difficile fioritura di un sentimento in un contesto di brutale indifferenza. È proprio qui che "La Strada" segna la svolta: un ponte tra la realtà nuda e cruda del dopoguerra e un futuro cinematografico dove il sogno, la memoria e l'allegoria avrebbero regnato sovrani, culminando in capolavori barocchi e visionari.

Un film poetico dunque, fluente e sequenziale ballata dove la plasticità degli acrobati incontra in un orizzonte remoto il lirismo struggente della perdita. Un'opera che, nonostante le iniziali perplessità di alcuni critici italiani – che la accusarono di tradire il neorealismo per un presunto misticismo o sentimentalismo – conquistò il mondo, culminando nell'Oscar per il Miglior Film Straniero nel 1957. La sua capacità di scavare nell'animo umano, di mostrare la fragilità di un legame spezzato e la risonanza del dolore, la rende una pietra miliare non solo nella filmografia felliniana, ma nella storia stessa del cinema mondiale. Il pianto finale di Zampanò, solo sulla spiaggia dopo aver appreso della morte di Gelsomina, è un'immagine di sconvolgente bellezza e disperazione, un grido primordiale che sigilla il destino di un uomo finalmente consapevole del vuoto incolmabile lasciato da quell'innocenza che aveva distrutto, un colpo al cuore che continua a risuonare, lacerante e indimenticabile, per chiunque si lasci investire dalla sua travolgente umanità.

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