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I 1000 Film da Vedere Prima di Morire

L'insolito caso di Mr. Hire

1989

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L'insolito caso di Mr. Hire è un film che opera per sottrazione. È un'architettura della visione, un thriller psicologico così controllato e clinicamente preciso da assomigliare più a un'autopsia che a un dramma. Patrice Leconte, in un atto di coraggiosa autodefinizione artistica, abbandona qui i territori della commedia che lo avevano reso celebre per adattare Georges Simenon, e lo fa con un rigore formale che gela il sangue. Il film è un mondo chiuso, un Huit Clos (A porte chiuse) sartriano condensato nello spazio vuoto tra due finestre di appartamenti parigini, un abisso in cui si specchiano due solitudini, quella del guardone e quella della sua vittima consenziente. È un saggio magistrale sulla natura del guardare e sull'omicidio come atto di pregiudizio collettivo.

L'intero edificio poggia sulla performance implosa di Michel Blanc, in uno dei più riusciti contro-casting della storia del cinema francese. Blanc, un pilastro della commedia popolare, è irriconoscibile nei panni di Hire. Il suo corpo è rigido, il suo volto una maschera di calcolata inespressività. Hire è un sarto misantropo, un uomo che ha eretto un muro tra sé e il mondo, e la sua unica forma di contatto umano è il voyeurismo. Leconte e il suo direttore della fotografia, Denis Lenoir, immergono l'appartamento di Hire in un blu cobalto, un freddo perenne che riflette la sua tomba emotiva. La sua vita è un rituale di gesti meticolosi (la pulizia dei topi morti che i vicini gli lasciano sullo zerbino, la preparazione dei pasti solitari) e di un'unica, ossessiva deviazione: osservare, ogni sera, la sua vicina di casa, Alice (Sandrine Bonnaire).

Hire non è un semplice "guardone"; è un entomologo dell'intimità altrui. Spia Alice non con lussuria, ma con una sorta di disperata e distaccata devozione. La sua finestra è l'unica lente attraverso cui la sua vita sterile può assorbire il calore della vita di lei. Il film è un balletto di tende che si aprono e si chiudono. Quando Alice, una figura di una bellezza terrena e opaca, si accorge di essere osservata, la dinamica del potere si ribalta. Lei non chiude le tende. Non chiama la polizia. Inizia, sottilmente, a recitare per il suo pubblico di un solo uomo. La sua consapevolezza del suo sguardo diventa un'arma, e lo spettatore è costretto a chiedersi chi sia veramente il manipolatore. Bonnaire è superba nel gestire questa ambiguità: il suo è un misto di paura, pietà, curiosità e un sottile, crudele calcolo.

Su questa tensione psicologica si innesta il meccanismo del thriller, preso di peso dal romanzo di Simenon (Les Fiançailles de M. Hire). Una giovane donna è stata assassinata nel quartiere, e la polizia, guidata da un ispettore che incarna il senso comune e il pregiudizio, indaga. L'intera comunità ha già emesso il suo verdetto: il colpevole deve essere Hire. È diverso, è strano, è solitario. Il film è una dissezione spietata di come la società tratti l'"Altro". Il pregiudizio collettivo è un personaggio invisibile ma onnipresente. Il vero crimine di Hire, agli occhi del mondo, non è l'omicidio (che non ha commesso), ma la sua misantropia, il suo rifiuto di partecipare al gioco sociale. La sua diversità lo rende il capro espiatorio perfetto, e Leconte orchestra la caccia all'uomo con la precisione di un teorema.

Il cuore nero del film risiede nel fatale tentativo di connessione tra i due protagonisti. Quando Hire, spinto dall'indagine e da un disperato bisogno di proiettare la sua innocenza su Alice, rompe la barriera della finestra e la affronta, il film raggiunge il suo apice tragico. L'incontro al ristorante dei due è un capolavoro di imbarazzo e rivelazione. Hire, l'uomo che non parla mai, si apre in un monologo torrenziale, confessando non solo il suo voyeurismo ma il suo amore assoluto e patologico per lei. La sua famosa frase sulla felicità ("È quando non si ha paura") è la chiave della sua esistenza. Egli crede, nella sua ingenuità emotiva, che lei sia la sua unica alleata, l'unica a cui possa affidare la sua vita. Le svela il segreto che lo scagiona e che, contemporaneamente, condanna lei e il suo amante.

Il finale è un meccanismo a orologeria che scatta con precisione inevitabile. La tragedia di Hire è una tragedia della fiducia. Lui, che non si è mai fidato di nessuno, commette l'errore di fidarsi dell'unica persona che ha mai desiderato. Il tradimento di Alice, che lo attira sul tetto per consegnarlo alla folla inferocita, è un atto di sopravvivenza calcolato e crudele. La sequenza dell'inseguimento sui tetti non è un'esplosione di azione; è un'esecuzione pubblica. La folla sottostante, i vicini che fino a un attimo prima erano individui anonimi, si trasforma in una massa urlante, la vera bestia del film. Lo sguardo di Hire, prima di cadere, non è di sorpresa, ma di rassegnazione. È la conferma di tutto ciò che ha sempre saputo del genere umano. L'insolito caso di Mr. Hire è un'opera di perfezione formale, un film dove ogni silenzio pesa come un macigno e ogni sguardo è un verdetto.

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