Past Lives
2023
Vota questo film
Media: 4.40 / 5
(5 voti)
Regista
Esistono universi paralleli in cui siamo versioni diverse di noi stessi. Non è fantascienza da multiverso Marvel, ma una verità psicologica, quasi quantistica, che si manifesta ogni volta che compiamo una scelta. Ogni bivio crea un sentiero fantasma, un'eco di ciò che avremmo potuto essere. Celine Song, al suo esordio sfolgorante, prende questa nozione astratta e le dona un corpo, un respiro e un cuore che batte con la quieta, inesorabile cadenza di una vita che si svolge. Past Lives non è un film su un amore perduto; è un film sulla coesistenza di queste vite fantasma all'interno della nostra unica, irripetibile esistenza. È una seduta spiritica in cui gli spettri evocati non sono defunti, ma le versioni di noi stessi che abbiamo lasciato indietro, in un'altra città, in un'altra lingua, dodici fusi orari fa.
La struttura è di una semplicità disarmante, quasi liturgica. Na Young e Hae Sung, dodicenni a Seoul, condividono un'infatuazione infantile, pura e potente come solo i primi legami sanno essere. Poi, la frattura: la famiglia di lei emigra in Canada, lei diventa Nora, drammaturga a New York, e la loro connessione si dissolve nell'etere pre-social media. Dodici anni dopo, Facebook compie il suo piccolo miracolo laico e li riconnette. Inizia un balletto di videochiamate su Skype, un corteggiamento digitale che annulla e allo stesso tempo amplifica la distanza oceanica. Poi, un'altra separazione, questa volta volontaria, pragmatica. Altri dodici anni. Nora ora è sposata con Arthur, uno scrittore ebreo americano. Hae Sung, finalmente, decide di venire a New York. L'incontro, il vero nucleo del film, avviene.
Se Richard Linklater nella sua trilogia di Before ha mappato la geografia del desiderio attraverso il dialogo ininterrotto e il tempo reale che scorre, Celine Song compie un'operazione inversa e complementare. Usa il non-detto, il silenzio, e i balzi temporali di dodici anni per misurare la gravità dell'assenza. I suoi personaggi non devono convincersi di essere fatti l'uno per l'altra; devono confrontarsi con la granitica certezza che erano fatti l'uno per l'altra, ma in un'altra linea temporale, in una "vita passata" che è, in realtà, la loro stessa giovinezza. Il concetto coreano di In-Yun (인연), menzionato nel film, non è un semplice "destino", una versione orientale del filo rosso. È più complesso: è il tessuto connettivo delle relazioni, l'accumularsi di interazioni karmiche attraverso innumerevoli vite che culminano in un incontro, anche fugace. Song prende questa idea metafisica e la àncora a una realtà tangibile, quasi dolorosa. L'In-Yun tra Nora e Hae Sung non è la promessa di un futuro, ma la spiegazione di un presente carico di un passato mai vissuto.
La regia della Song, forgiata nel teatro, è di una precisione millimetrica. L'inquadratura iniziale è un manifesto programmatico: vediamo i tre protagonisti seduti in un bar, mentre due osservatori fuori campo speculano sulla loro relazione. Chi sono? Una coppia e la loro guida turistica? Due fratelli con un'amica? È uno sguardo esterno, quello del mondo, che tenta di decifrare un legame incomprensibile. Il resto del film sarà il lento, meticoloso processo di portarci all'interno di quello sguardo, fino a farci sentire il peso di ogni pausa, di ogni occhiata. La cinepresa spesso rimane fissa, lasciando che siano i corpi degli attori a modulare la tensione nello spazio, come in una pièce di Harold Pinter dove il silenzio è più eloquente della parola. La scena del loro primo incontro a New York è magistrale: un lungo abbraccio esitante, seguito da una camminata in cui la distanza fisica tra loro è un sismografo emotivo delle loro incertezze.
In questo, Past Lives si avvicina spiritualmente a Wong Kar-wai. Come in In the Mood for Love, la passione più devastante è quella inespressa, quella che vibra nell'aria tra due persone, nell'eleganza di un gesto mancato. Ma se il film di Wong era un'opera di nostalgia estetica, un lamento su un'occasione persa in un passato stilizzato, quello della Song è un'opera di realismo emotivo. Il passato non è un'elegia da rimpiangere, ma un dato di fatto con cui il presente deve fare i conti.
E qui entra in gioco il personaggio più radicale e meraviglioso del film: Arthur, il marito (un John Magaro di una sensibilità straziante). In qualsiasi altra sceneggiatura, sarebbe stato l'ostacolo, l'antagonista, o un sempliciotto da compatire. Qui è il cuore pulsante della realtà di Nora, l'incarnazione della vita che lei ha attivamente scelto. La sua vulnerabilità è disarmante. In una scena capitale, confessa a Nora di sentirla, di notte, parlare nel sonno in coreano, una lingua che lui non capisce, accedendo a una parte di lei che gli sarà per sempre preclusa. È un'ammissione che trascende la gelosia. È il riconoscimento, da parte dell'amore presente, dell'esistenza legittima di un amore passato, o meglio, di un amore possibile. Arthur non combatte un fantasma; cerca di capire come convivere con esso, come amare la sua compagna nella sua interezza, che include anche la "piccola ragazza coreana" che ha dovuto lasciare indietro per diventare la donna che è. Questa maturità eleva Past Lives da dramma romantico a profonda meditazione sull'identità e sull'accettazione.
Il film è anche una potentissima riflessione sulla diaspora e sull'identità scissa dell'emigrante. Nora è Na Young. Non ha semplicemente cambiato nome, ha biforcato la sua esistenza. Il coreano è la lingua della sua infanzia, dei suoi sogni, della sua connessione primordiale con Hae Sung. L'inglese è la lingua della sua ambizione, della sua arte, del suo amore adulto con Arthur. Quando parla con Hae Sung, il suo coreano è leggermente incerto, cosparso di parole inglesi. È il linguaggio di chi non appartiene più completamente a nessun luogo. Lei non è "tornata" coreana in sua presenza, né è rimasta "americana". È diventata una terza cosa, un ponte vivente tra due mondi, e questa condizione è la sua forza e la sua malinconia. Hae Sung, al contrario, è "così coreano", come dice Nora. Rappresenta la solidità, la continuità, la vita che scorre su un unico binario. È l'incarnazione della domanda "cosa sarebbe successo se non fossi mai partita?".
Questa dialettica tra mondi si riflette visivamente nel contrasto tra la Seoul dei flashback, bagnata da una luce calda e nostalgica, e la New York del presente, con le sue linee nette, il suo cemento e le sue infinite possibilità. Ma non c'è giudizio. New York non è fredda, è il luogo della realizzazione personale. Seoul non è un paradiso perduto, è semplicemente un'altra realtà.
Il finale è un capolavoro di contenimento emotivo. La lunga camminata per accompagnare Hae Sung all'Uber è un funerale simbolico. Non stanno dicendo addio l'uno all'altra, ma alla versione di sé stessi che sarebbero potuti essere insieme. La macchina da presa li tiene in un campo lungo, statico, quasi spietato, per un tempo che sembra infinito, costringendoci a sopportare con loro il peso di quel silenzio finale. Non c'è un bacio catartico, non c'è una promessa. Solo l'accettazione di una chiusura. La porta della macchina si chiude, e con essa si chiude un intero universo di possibilità. Il vero climax emotivo non è la partenza di lui, ma il ritorno di lei. Nora ripercorre la strada da sola e crolla in un pianto liberatorio solo quando raggiunge Arthur, la sua casa, il suo presente. Non piange per ciò che ha perso, ma per il dolore di aver dovuto guardare in faccia ciò che non ha mai avuto e di averlo lasciato andare, di nuovo.
In un'epoca di narrazioni urlate e di emozioni esplicitate, Past Lives è un'opera sussurrata, quasi un haiku cinematografico. Ci ricorda che le storie d'amore più profonde non sono sempre quelle che si consumano, ma quelle che ci definiscono, quelle che portiamo dentro di noi come una vibrazione fantasma, la prova tangibile delle vite che non abbiamo vissuto ma che, in qualche modo misterioso e profondo, ci appartengono per sempre. È un film che non si limita a raccontare l'In-Yun, ma che lo crea con lo spettatore, lasciandogli addosso la sensazione struggente e bellissima di aver sfiorato, per un istante, un'altra versione della propria vita.
Attori Principali
Generi
Galleria








Commenti
Loading comments...
