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Piombo Rovente

1957

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Piombo Rovente non è semplicemente un film noir, è un bagno nell'acido, una sinfonia di neon e veleno suonata nei jazz club fumosi e nei vicoli bagnati di una New York notturna che non dorme mai, ma trama e si crogiola in se stessa. È un archetipo del genere, certo, ma è anche qualcosa di più: un'opera di una ferocia e di una intelligenza letteraria quasi senza precedenti, girata quasi interamente in notturna, con la viscerale e al contempo elegantissima fotografia di James Wong Howe e la potente, chirurgica regia dello scozzese Alexander Mackendrick. Wong Howe non si limita a fotografare la città, la trasfigura in un paesaggio morale. Le strade lucide di pioggia riflettono le luci al neon come promesse false e oleose, i grattacieli incombono come idoli di vetro e acciaio e i volti dei protagonisti sono maschere scolpite da ombre profonde, rivelando e nascondendo al contempo la corruzione delle loro anime. Mackendrick, proveniente dalle commedie degli Ealing Studios, posa su questo inferno metropolitano uno sguardo da outsider, spietato e preciso, orchestrando un dramma claustrofobico che si consuma tra i tavoli dei ristoranti di lusso e le cabine telefoniche unte.

La trama, in superficie, è semplice. J.J. Hunsecker (un terrificante Burt Lancaster), influente e dispotico giornalista di New York la cui rubrica può creare o distruggere una carriera con poche, velenose parole, scopre che la sua amata sorella se la fa con un chitarrista jazz squattrinato. Ossessionato da un affetto protettivo che sconfina nel patologico e nell'incestuoso, decide che il rapporto deve finire. Per farlo, affida al suo galoppino, il viscido e ambizioso press agent Sidney Falco (un Tony Curtis che qui frantuma la sua immagine di attor giovane per offrire la performance della vita), il compito di incastrare il musicista con una storia di droga. Ma la situazione, come in ogni tragedia che si rispetti, precipita, innescando una reazione a catena di tradimenti, bugie e violenza che travolgerà tutti.

È impossibile non vedere come la storia si possa configurare nella letteratura noir come un perfetto esempio di questo genere. Il dialogo, scritto dal drammaturgo Clifford Odets e da Ernest Lehman, è il vero protagonista del film. Non è realistico, è una lingua a sé, un gergo iper-stilizzato, un jazz verbale fatto di aforismi brutali e metafore taglienti. È l'erede diretto della prosa di Raymond Chandler, ma spogliato di ogni residua traccia di romanticismo. Se il Marlowe di Chandler usava il cinismo come uno scudo per proteggere un nucleo di integrità, Sidney Falco e J.J. Hunsecker usano la parola come un'arma per aggredire, manipolare e distruggere. La loro New York è un mondo senza eroi, popolato solo da predatori e parassiti. In questo, per la sua atmosfera di decadenza morale, per i suoi intrighi di potere e per i suoi personaggi mossi da passioni distruttive, il film trascende il noir e assume i contorni di una moderna tragedia giacobita, un dramma di Webster o Middleton ambientato non in una corte rinascimentale, ma nella giungla di asfalto e ambizione di Broadway.

I collegamenti e le analogie con La fiamma del peccato di Billy Wilder sono inevitabili e illuminanti. Entrambe sono vette assolute del cinismo noir, entrambe sono alimentate da dialoghi scintillanti e letali. Entrambi i protagonisti, il Walter Neff di Fred MacMurray e il Sidney Falco di Tony Curtis, sono uomini moralmente deboli che si lasciano trascinare in una spirale criminale da una forza manipolatrice superiore. Ma qui sta la torsione geniale di Piombo Rovente. Se in Wilder e in gran parte del noir classico la forza corruttiva è la femme fatale, qui il suo posto è preso da un "homme fatale": il diabolico J.J. Hunsecker. La relazione tra J.J. e Sidney è una danza sadomasochista tra padrone e servo, un legame tossico di disprezzo e dipendenza. E il movente non è la lussuria o l'avidità di denaro, come in Wilder. È qualcosa di molto più moderno e astratto: la fame di influenza, di potere, di status. Sidney Falco non vende l'anima per una donna o per una valigia di soldi; la vende per una menzione d'onore nella rubrica di J.J., per poter sedere al suo tavolo, per respirare la sua stessa aria rarefatta e velenosa.

Questo sposta il cuore del noir dalla sfera del crimine passionale a quella della corruzione sistemica dei media e delle pubbliche relazioni, rendendo il film di una modernità sconcertante. Fu un fiasco commerciale alla sua uscita, troppo oscuro e spietato per il pubblico americano del 1957. Ma il tempo lo ha consacrato come un capolavoro assoluto, un ritratto definitivo della simbiosi tra potere e stampa, e un monito senza tempo su come l'odore dolce del successo sia, il più delle volte, indistinguibile dal fetore della decomposizione morale.

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