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L'Ultimo Imperatore

1987

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Una grande macchina cinematografica premiata dall’Academy con ben 9 Oscar è anche il film cruciale per il percorso artistico di Bernardo Bertolucci, segnando un ritorno trionfale all'afflato epico di opere come Novecento, ma con una sensibilità matura e una fascinazione per l'Oriente che lo porteranno poi a esplorare ulteriormente questi temi. Sebbene non privo della sua intrinseca sensualità e della sua indagine psicologica tipica, qui si eleva al di sopra dell'intimo per abbracciare un'affresco storico di rara magnificenza, trasformando la biografia in mito.

Tantissimi elementi fanno di quest’opera un’eccellenza cinematografica di rara perfezione stilistica. I costumi di James Acheson, non semplici orpelli, ma veri e propri strumenti diegetici che scandiscono le epoche e le progressive spogliazioni dell'imperatore, dalla seta sfarzosa alle uniformi militari, fino agli abiti borghesi, riflettono la perdita di identità e potere. Le scenografie di Ferdinando Scarfiotti, poi, con la loro capacità di restituire la vastità opprimente della Città Proibita – un gigantesco set a cielo aperto per l'unico individuo che vi era prigioniero – e di contrapporla agli spazi sempre più ristretti e claustrofobici della vita successiva di Pu Yi, sono un trionfo di architettura e design. La fotografia di Vittorio Storaro, un vero e proprio poeta della luce, eleva ogni inquadratura a quadro pittorico, modulando tonalità e cromatismi per esprimere stati d'animo e passaggi temporali: dai rossi imperiali che irradiano potere e reclusione ai blu freddi che preannunciano la caduta, fino ai grigi smorti della prigionia, ogni fotogramma è una lezione di composizione e narrazione visiva, capace di infondere sinesteticamente la percezione di grandezza e al contempo di solitudine. La sceneggiatura di Mark Peploe, che adatta con maestria lo script all'autobiografia di Pu Yi, Sono stato imperatore, riesce a distillare la complessità di decenni di storia cinese e di una vita straordinaria, trasformandola in un racconto intimo e universale. La recitazione, infine, di attori del calibro di Peter O’Toole, nel ruolo di Johnston, l'eccentrico tutore scozzese che funge da ponte tra due mondi e due culture, e di John Lone, la cui interpretazione di Pu Yi è un capolavoro di sottrazione e progressione, catturando la sua vulnerabilità, la sua arroganza e la sua graduale presa di coscienza, è un pilastro portante. La ricostruzione storica, meticolosa e precisa, con la consulenza di un grande esperto quale Chunpu Wang, garantisce un'autenticità che trascende il semplice spettacolo, conferendo al film un valore documentaristico senza mai intaccare la sua anima lirica. Le musiche, infine, sono un capitolo a sé: il connubio tra l'elettronica evocativa di David Byrne, le sonorità raffinate e talvolta struggenti di Ryuichi Sakamoto (che appare anche nel film nella veste di un ufficiale giapponese alla corte dell’imperatore, un dettaglio che aggiunge un ulteriore strato di immersione nel contesto storico), e i contributi della compositrice cinese Cong Su, crea un tappeto sonoro ipnotico che mescola influenze orientali e occidentali, accompagnando e amplificando le emozioni senza mai prevaricare.

Un gigantesco meccanismo di celluloide per uno spettacolo davvero emozionante, che ha avuto il privilegio, unico per un film occidentale, di poter girare per lunghi periodi all'interno della Città Proibita, un'esperienza che conferisce al film una parieticità e un'autenticità visiva inarrivabili.

È la storia di Pu Yi, ultimo imperatore cinese che ha regnato sul glorioso Celeste Impero dall’anno della nascita (1906) all’anno dell’abdicazione (1945), un arco temporale che coincide con una delle epoche più convulse e trasformative della storia cinese e mondiale. Il film ripercorre con struggente fedeltà la vita dell’imperatore bambino nella Città Proibita, un'oasi di opulenza e reclusione, dove il "Figlio del Cielo" viveva in un'illusoria onnipotenza, circondato da migliaia di servitori ma fondamentalmente solo, prigioniero di un'istituzione morente. Si assiste alla sua incoronazione ufficiale in giovane età, un rituale anacronistico in un mondo che cambiava rapidamente. Quindi il suo regno lungimirante, sebbene spesso ingenuo e manipolato, costellato di gravi problemi, non ultimo l’invasione dei giapponesi e la sua tragica scelta di collaborare con essi, nella speranza di ripristinare il suo potere, solo per ritrovarsi imperatore fantoccio del Manciukuò.

Questa parabola discendente culmina con l’abdicazione definitiva, la fuga dalla Rivoluzione Comunista, l’arresto da parte dei sovietici, il rimpatrio e, infine, la sua rieducazione e la morte da semplice cittadino della Repubblica Popolare, un giardiniere qualunque. Questa metamorfosi è il cuore pulsante del film: da divinità vivente a uomo comune, Pu Yi incarna la caduta di un'epoca, la fine di un sistema millenario e la dolorosa ma necessaria accettazione di una nuova identità. La sua non è solo una vicenda biografica, ma un'epopea universale sull'identità, la perdita di potere e la ricerca di un posto nel mondo. Bertolucci indaga il tema della prigionia, sia essa fisica o psicologica, attraverso la figura di Pu Yi: la gabbia dorata della Città Proibita, la prigionia politica, e infine la libertà amara di una vita senza più alcun peso storico, ma con la dignità ritrovata di un individuo. Questo percorso di destituzione e riabilitazione, quasi un rito iniziatico invertito, è ciò che eleva "L'Ultimo Imperatore" oltre il mero dramma storico, conferendogli un respiro quasi shakespeariano.

Un mastodontico feuilleton iconografico che imprime per sempre nella memoria di chi lo guarda lo sfarzo di una vita di corte effimera e le profondissime contraddizioni di un uomo nato onnipotente e morto senza più nulla, se non la consapevolezza di sé, in un mondo irriconoscibile. È un'opera che, a distanza di anni, continua a riverberare per la sua maestosità visiva, la sua profondità emotiva e la sua capacità di farci riflettere sulla fragilità del potere e sulla resilienza dello spirito umano di fronte ai cicli inesorabili della storia.

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