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Nemico Pubblico

1931

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Wellman partorì nel 1933 un’opera che rimane per certi versi ancora insuperata in quanto a vigore espressivo e vis narrativa. In un'epoca in cui il cinema, ancora in fieri nella sua dimensione sonora, esplorava audacemente i limiti della rappresentazione, Wellman si distinse per una regia nervosa, quasi febbrile, che rifletteva la frenesia e la brutale disillusione dell'America del Proibizionismo. Il film, con la sua violenza esplicita e la sua rappresentazione ambigua del ruolo del gangster, suscitò polemiche e censure, ma ebbe un enorme successo di pubblico, influenzando profondamente il cinema americano e internazionale. Questa audacia narrativa e visiva era possibile grazie al clima del pre-Code Hollywood, un periodo effimero di libertà creativa prima che l'applicazione rigorosa del Codice Hays castrasse molte delle espressioni più crude e moralmente ambigue del cinema. Nemico Pubblico, in questo contesto, divenne un vero e proprio manifesto, una scheggia impazzita che lacerò il velo dell'ipocrisia borghese, costringendo lo spettatore a confrontarsi con una realtà scomoda e scomposta. Il resto lo fece Cagney con il suo straordinario talento mimico unito ad un incontestabile phisique du role, un'alchimia perfetta tra carisma esplosivo e una sottile, quasi raggelante, minaccia. La sua performance non era semplicemente recitazione, ma un'incarnazione viscerale di un'energia indomita che fondeva l'archetipo del "ragazzo di strada" con la figura titanica del fuorilegge moderno, distinguendolo nettamente dalle interpretazioni più statuarie e meno dinamiche di colleghi come Edward G. Robinson o Paul Muni.

La storia è quella dell’ascesa e della caduta di un gangster metropolitano: Tom Powers nella tumultuosa America dei primi del 900, quando il proibizionismo segnò un manicheistico spartiacque tra legalità e mondo criminale. Fu l'era dei "ruggenti anni Venti", un decennio di prodigiosa espansione economica e profonde lacerazioni sociali, dove il sogno americano sembrava a portata di mano per pochi, mentre molti altri, esclusi dal sistema, trovavano nel crimine organizzato una distorta ma seducente via per la ricchezza e il potere. Questo contesto di fermento e ingiustizia sociale divenne il brodo primordiale in cui fiorì la figura del gangster come anti-eroe, un ribelle contro un'autorità percepita come corrotta e ipocrita. Ispirata alle vicende di gangster reali come Al Capone, la narrazione segue il percorso di Powers, dall'infanzia difficile nelle strade di Chicago alla scalata al potere nel mondo del crimine organizzato, una traiettoria che non è solo cronaca di un'escalation criminale, ma anche una cruda analisi sociologica delle forze che plasmano un tale destino. Tom, insieme al suo amico Matt Doyle, si dedica a rapine e traffici illegali, scontrandosi con gang rivali e con le forze dell’ordine, in un mondo in cui la lealtà fraterna è tanto vitale quanto effimera, destinata a sgretolarsi sotto il peso della violenza e del tradimento. Wellman, con un ritmo narrativo avvincente e scene di grande impatto visivo, mostra la violenza e la brutalità del mondo criminale, ma al tempo stesso ne svela il fascino e il potere seducente, un'ambivalenza che rende il pubblico complice e atterrito, catturato in un vortice di ammirazione e repulsione. Tom Powers, grazie a un mefistofelico James Cagney, è un personaggio caratterizzato da un'energia esplosiva e da un cinismo disarmante, che lo rende al tempo stesso ripugnante e affascinante. Emblematico di questa dualità è l'ormai leggendaria scena in cui Cagney, con un gesto di brutale e improvvisa prevaricazione, schiaccia un pompelmo in faccia alla sua fidanzata: un momento di pura e scioccante misoginia che, lungi dall'alienare lo spettatore, ne rivela la sua magnetica e inquietante presenza scenica, un'audacia impensabile dopo l'entrata in vigore del Codice Hays, che avrebbe imposto una moralità di facciata. Celebre è anche la scena cruenta in cui Cagney con una mitragliatrice mette a fuoco ad uno ad uno i bersagli, colpendoli con lo sguardo ermetico ancor prima delle pallottole, una sequenza di cinetismo puro che prefigura la coreografia della violenza che diventerà un marchio di fabbrica del cinema d'azione.

In Nemico Pubblico la violenza non è solo un elemento narrativo, ma un vero e proprio linguaggio, un mezzo espressivo che Wellman utilizza per rivolgersi al suo pubblico, un grido disperato e disilluso sulla natura umana e sulla società che la corrompe, condannando ma al tempo stesso indagando le radici del male. Con la sua rappresentazione cruda e realistica del mondo criminale, il film ha stabilito molti dei canoni del Gangster Movie: l'ascesa e la caduta di un gangster carismatico ma spietato, una parabola tragica che si compie spesso in un finale amaramente ironico, con la morte che è l'unica via di fuga da una vita di eccessi e paura; la violenza esplicita e stilizzata, mai gratuita, ma sempre funzionale a sottolineare la brutalità di un mondo senza redenzione, dove ogni atto di forza ha una conseguenza tangibile e spesso fatale; l'ambientazione urbana degradata, un paesaggio metropolitano che non è mero sfondo, ma personaggio esso stesso, un labirinto di vicoli oscuri e quartieri fatiscenti che inghiotte i suoi figli e ne modella il destino; il conflitto tra gang rivali e le forze dell'ordine, un'eterna lotta tra due facce della stessa medaglia, il caos e l'ordine apparente, dove i confini morali si fanno spesso labili; l'ambiguità morale del protagonista, spesso un antieroe tragico la cui condotta riprovevole si mescola a sprazzi di un'umanità distorta o a un codice d'onore perverso; e l'uso di un linguaggio visivo dinamico e innovativo, fatto di inquadrature audaci, montaggio serrato e un'illuminazione espressionista che anticipa il Noir e dà profondità psicologica alle figure. Il film ha influenzato profondamente il cinema americano e internazionale, ispirando generazioni di cineasti e contribuendo a definire l'immaginario del gangster nella cultura popolare. Non è un caso che registi come Francis Ford Coppola ne abbiano ripreso l'epica familiare e la solennità quasi shakesperiana in Il Padrino, elevando la saga criminale a tragedia greca. O che Martin Scorsese ne abbia assimilato la visceralità e la malinconica fascinazione per i "piccoli" criminali di strada, dipingendo un affresco vivido e spesso doloroso della vita ai margini in opere come Quei bravi ragazzi. Brian De Palma ha rielaborato la sua stilizzazione della violenza in chiave operistica e barocca, mentre Quentin Tarantino, pur decostruendo il genere attraverso la citazione e l'ironia postmoderna, ne ha assorbito la lezione sulla potenza del dialogo e sul carisma deviato dei suoi personaggi. Nemico Pubblico non è solo un film, ma un vero e proprio archetipo che viaggiando nel tempo si è dissolto nell'immaginario di registi e sceneggiatori fornendo loro la sintassi e il lessico per definire il concetto di Gangster Movie. Esperienza che di lì a poco sarebbe poi degenerata in quello splendido spin-off denominato Noir, evoluzione naturale del genere gangsteristico che, superando la mera cronaca criminale, si addentrò nei meandri psicologici e morali dell'individuo, avvolgendo le sue storie in un'atmosfera di cupo fatalismo e ambiguità esistenziale. In questo nuovo universo, le ombre si allungavano non solo sulle strade della città, ma sull'anima stessa dei suoi disgraziati protagonisti, e la "femme fatale" sostituì spesso la figura della fedele compagna, apportando una dimensione di seduzione e tradimento ancora più letale, mentre la violenza, pur restando presente, si fece più cerebrale, meno esplicita, ma non meno devastante nelle sue implicazioni psicologiche.

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