
Scrivimi Fermo Posta
1940
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Regista
Ci sono film che assaltano i sensi con fragore epico e film che, con la grazia di un prestigiatore, ti sfilano un sorriso e ti rubano il cuore senza che tu te ne accorga. Scrivimi, fermo posta (1940) appartiene gloriosamente alla seconda categoria. È la quintessenza di quella qualità ineffabile e magica conosciuta come "The Lubitsch Touch", un tocco che trasforma una semplice commedia romantica in un capolavoro di intelligenza emotiva, un meccanismo a orologeria di una perfezione tale da sembrare quasi casuale. Ernst Lubitsch ci invita nel microcosmo del negozio di articoli da regalo Matuschek & Co. a Budapest, un mondo quasi fiabesco e pre-bellico, per raccontarci una storia tanto semplice quanto eternamente vera: quella di due anime che si trovano prima sulla carta e poi, con molta più fatica, nella vita reale.
La premessa è di una deliziosa ironia. Due impiegati in un negozio di souvenir, Alfred Kralik (un James Stewart al suo apice di goffa e adorabile umanità) e Klara Novak (una Margaret Sullavan fiera e spiritosa), riescono a malapena a sopportarsi l'un l'altro durante l'orario di lavoro. Le loro interazioni sono una schermaglia continua di frecciatine e orgoglio ferito. Non sanno, ovviamente, che nelle ore libere si stanno innamorando perdutamente per posta come anonimo amico di penna l'uno dell'altro. Nelle loro lettere si scambiano pensieri su arte, letteratura e sulla vita, rivelando una profondità e una sensibilità che nascondono accuratamente dietro il bancone del negozio. Sono, in sostanza, innamorati delle reciproche anime, mentre detestano cordialmente le rispettive facciate.
Visto oggi, il film rivela una perspicacia quasi profetica, anticipando di decenni le dinamiche e le ansie dell'era digitale. Si può affermare senza timore di smentita che Scrivimi, fermo posta sia l'archetipo della commedia romantica online. Kralik e Novak sono i pionieri involontari della creazione di un avatar, di un profilo idealizzato. Le loro lettere sono l'equivalente dei nostri messaggi attentamente composti, dove presentiamo una versione distillata, più colta e romantica di noi stessi. Lubitsch mette in scena con quasi un secolo di anticipo il grande paradosso della nostra epoca: l'ossimoro della distanza-vicinanza. La capacità di creare un legame intellettuale ed emotivo potentissimo con uno sconosciuto, ignorando o persino disprezzando la persona in carne e ossa che ci siede accanto. Il remake del 1998, C'è posta per te, non ha fatto altro che aggiornare il mezzo, dalla carta da lettere all'e-mail, dimostrando la sconcertante modernità e la natura senza tempo del concetto originale di Lubitsch. Il film esplora magnificamente la paura e l'eccitazione del primo incontro, il terrore che la realtà fisica non sia all'altezza della fantasia epistolare.
A differenza di molte commedie screwball dell'epoca, che si basavano su ereditiere svampite e situazioni farsesche, l'amore nella prima Hollywood trova in Lubitsch una soluzione sociale di rara finezza. La storia d'amore non accade in un vuoto pneumatico, ma è profondamente radicata nel contesto sociale ed economico del negozio. Matuschek & Co. non è solo uno sfondo, ma una famiglia surrogata, un microcosmo con le sue gerarchie, le sue lealtà, i suoi pettegolezzi e le sue crisi. L'amore tra Alfred e Klara sboccia tra le ansie per una possibile lettera di licenziamento, la solidarietà tra colleghi e il dramma quasi paterno del signor Matuschek. Lubitsch ci dice che l'amore non è un'evasione dalla vita, ma ciò che la rende sopportabile e, a volte, persino meravigliosa. È questo umanesimo gentile e quasi dickensiano, ambientato in una Budapest da operetta alla vigilia del baratro della Seconda Guerra Mondiale, a conferire al film un calore e una profondità che lo elevano ben al di sopra di una semplice commedia degli equivoci.
I legami tra Lubitsch e il manierismo hollywoodiano sono evidenti, ma la sua arte è un metodo per travalicare le etichette. Il celebre "Lubitsch Touch" non è una tecnica, è una sensibilità. È l'arte dell'ellissi, del non detto, del suggerire l'essenziale attraverso una porta chiusa, un oggetto lasciato sul tavolo, uno sguardo eloquente. Potremmo azzardare un'analogia insolita e profonda: il suo cinema è come la musica di Mozart. In superficie, è tutto eleganza, leggerezza, struttura perfetta e fascino irresistibile. Ma sotto la grazia cristallina si nasconde una profonda comprensione della malinconia, del desiderio e delle complesse fragilità del cuore umano. Lubitsch prende le convenzioni e i cliché del sistema hollywoodiano e li eleva, infondendoli di un'intelligenza e di una raffinatezza squisitamente europee. È un film che celebra le piccole vittorie, i gesti gentili, la scoperta che la persona che ci irrita di più potrebbe essere proprio quella che il nostro cuore stava cercando. Per questa sua perfezione leggera e per la sua profonda, senza tempo, comprensione della natura umana, Scrivimi, fermo posta si è guadagnato un posto d'onore non negoziabile nel Movie Canon.
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