Cappello a Cilindro
1935
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Regista
Quando uscì questo film, nel 1935, la platea internazionale non era del tutto educata alla cultura del musical danzato come sintesi fulminante che gettasse un ponte tra narrazione convenzionale e mimica corporea. Fino a quel momento, il musical cinematografico era spesso stato un agglomerato di numeri musicali disparati, spesso statici o dominati dalle geometrie corali e caleidoscopiche di un Busby Berkeley, il cui genio risiedeva nell'orchestrare masse e scenografie imponenti in quadri visivi spesso distaccati dalla diegesi. L’opera di Sandrich ebbe, tra gli altri, il merito di creare un primo fondamentale archetipo di musical dove la grazia e la levità dei due protagonisti assumessero valenza di pura narrazione. Si trattava di una rivoluzione silenziosa: la danza non era più un semplice intermezzo, ma la pulsazione stessa del racconto, il suo linguaggio più autentico. In un'epoca in cui il genere muoveva ancora i primi passi e l'America si dibatteva nelle spire della Grande Depressione, questo film ha saputo coniugare con maestria narrazione, musica e danza, dando vita ad un'opera elegante e raffinata che ha incantato il pubblico di tutto il mondo, costruendo un vero e proprio mito al cui centro vi è la coppia di ballerini più famosa di ogni tempo: Ginger e Fred.
Il loro successo non fu un caso, ma l'espressione di un desiderio collettivo di evadere dalla dura realtà, di sognare in technicolor – o meglio, in uno sfolgorante bianco e nero. Fred Astaire e Ginger Rogers, con la loro innegabile chimica unita ad un talento straordinario, hanno elevato il ballo a forma d'arte, creando sequenze iconiche che si sono innervate all'immaginario di noi tutti con grande naturalezza. La loro capacità di trasmettere emozione con ogni gesto, ogni sguardo, ogni volteggio era magnetica, quasi telepatica. Cappello a Cilindro non è solo un film, ma un'esperienza sensoriale che trasporta lo spettatore in un mondo di grazia, leggerezza ed espressività, un balsamo per l'anima in tempi di incertezza. Era un invito a sospendere l'incredulità e a lasciarsi trasportare da una perfezione coreografica e stilistica che sembrava provenire da un altro piano di esistenza.
Jerry Travers (Fred Astaire), un ballerino americano, giunge a Londra per esibirsi in uno spettacolo prodotto dal suo amico Horace Hardwick (Edward Everett Horton). In albergo, Jerry conosce Dale Tremont (Ginger Rogers), una bellissima modella di cui si innamora perdutamente. Una serie di equivoci, però, complica la situazione: Dale crede che Jerry sia il marito di Madge (Helen Broderick), la moglie di Horace, e questa convinzione dà vita ad una serie di situazioni comiche e inseguimenti tra Londra e Venezia. La trama, con le sue dinamiche da commedia degli equivoci che strizzano l'occhio alla screwball comedy, è un pretesto sapientemente costruito per giustificare le sequenze di danza, un filo narrativo leggero come una piuma che permette ai protagonisti di librarsi. Tra balletti mozzafiato in scenografie art déco e canzoni indimenticabili come "Cheek to Cheek" e "Top Hat, White Tie and Tails", Jerry e Dale si avvicinano e si allontanano, in un valzer di seduzione e malintesi, fino al lieto fine che corona il loro amore. Venezia, con i suoi canali e la sua atmosfera romantica, non è solo una location, ma un vero e proprio fondale sognante che amplifica la dimensione favolistica della loro storia, un luogo dove la realtà si fonde con la fantasia.
La regia di Sandrich, elegante e fluida, esalta la bravura dei due protagonisti, veri e veri e propri poeti del movimento. La sua scelta di privilegiare il piano sequenza, di lasciare la macchina da presa fissa sul corpo intero dei ballerini senza ricorrere a tagli repentini o primi piani distraenti, fu rivoluzionaria e rispettosa della danza stessa, permettendo allo spettatore di apprezzare la complessità e la perfezione delle coreografie senza interruzioni. La fotografia in bianco e nero, ricercata e suggestiva, crea un'atmosfera magica e sospesa nel tempo, non una mera limitazione tecnica ma una scelta estetica precisa che esalta le silhouette, i giochi di luce e ombra, e l'eleganza scintillante degli abiti. Le musiche di Irving Berlin, con le loro melodie orecchiabili e i loro ritmi coinvolgenti, sono parte integrante della narrazione e contribuiscono a creare un'atmosfera di gioia e spensieratezza. Berlin non era solo un compositore di hit, ma un architetto sonoro capace di cogliere l'essenza emotiva di ogni scena, cucendo le canzoni addosso ai personaggi e alle loro vicende con una precisione sartoriale.
Effettivamente, Astaire e Rogers, con la loro eleganza innata e la loro capacità di comunicare emozioni attraverso il ballo, riescono a trascendere la semplice esecuzione tecnica, trasformando ogni passo di danza in un gesto carico di significato, con valenza semantica. La loro dinamica era unica: Fred, con la sua ineguagliabile precisione e la sua apparente leggerezza, sembrava fluttuare senza sforzo, un aristocratico del movimento; Ginger, con una sensualità più terrena e una recitazione che la rendeva accessibile, lo ancorava alla realtà, pur seguendolo in ogni suo, seppur difficile, passo, dimostrando la sua straordinaria versatilità. Dal punto di vista tecnico il film introduce quattro fondamentali stili di ballo. Il Tip tap: è il cuore pulsante delle coreografie di Astaire. Lo stile, nato dalla fusione di danze africane ed europee, si basa sulla percussione ritmica dei piedi sul pavimento. Astaire lo padroneggia con virtuosismo, creando sequenze di incredibile complessità e musicalità. Celebre l'assolo nella stanza d'albergo, dove il suo corpo si fa strumento e la ritmica quasi ipnotica del tip tap diventa un monologo interiore, o il numero con il bastone in cui i passi di tip tap si incrociano con i volteggi dello strumento, dimostrando una padronanza scenica assoluta. Il Quickstep: è un ballo da sala, caratterizzato da passi veloci e fluidi, è perfettamente incarnato da Astaire e Rogers in "Cheek to Cheek", una danza che è pura gioia e intesa, simbolo di un'armonia che trascende le barriere degli equivoci. Il Foxtrot: è un altro celebre ballo da sala caratterizzato da movimenti più lenti e sinuosi rispetto al quickstep. Astaire e Rogers lo interpretano con raffinatezza, aggiungendo un tocco di sensualità e una sottile tensione romantica alle loro performance, un dialogo corporeo che anticipa il risolversi della trama. Il Waltz: Anche il valzer, con la sua eleganza senza tempo, trova spazio in Cappello a Cilindro donando alla narrazione un'atmosfera di velato romanticismo, un sogno ad occhi aperti che suggella l'unione dei due protagonisti. E su tutto Ginger e Fred paiono fluttuare in un’aura di morbida bruma mentre intorno infuria il caos degli eventi che non riesce neppure a lambirli, un'oasi di perfezione e leggerezza in un mondo che sembrava disperatamente averne bisogno.
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