Movie Canon

The Ultimate Movie Ranking

Tre Manifesti a Ebbing, Missouri

2017

Vota questo film

Media: 4.33 / 5

(3 voti)

Martin McDonagh al suo terzo film fa incetta di premi portando a casa qualcosa come 5 Bafta, 4 Golden Globe e 2 Oscar. Regista non proprio prolifico, autore di due interessanti film che contaminano abilmente il genere del thriller con la black comedy: In Bruges (2008) e 7 Psicopatici (2012), mette in scena in questa sua terza prova una storia in bilico tra black humour e crime story, con un personaggio femminile che rimarrà nella Storia della Settima Arte per il suo feroce senso di giustizia. Il successo di pubblico e critica, per McDonagh, non è affatto casuale ma la naturale conseguenza di un percorso autoriale che affonda le radici profonde nel teatro. Drammaturgo di fama mondiale, le sue opere come The Pillowman o The Beauty Queen of Leenane sono celebri per la loro dialettica serrata, il cinismo tagliente e la capacità di estrarre lampi di umanità da situazioni brutali. Questa sensibilità teatrale si traduce nel suo cinema in una straordinaria attenzione al dialogo, che qui si fa veicolo privilegiato di tensione e comicità nera, e in una messa in scena che, pur cinematografica, mantiene l'intensità e la precisione chirurgica di un dramma da camera.

La protagonista della storia è Mildred Hayes, una madre single divorziata, interpretata con titanica maestria da Frances McDormand. Mildred è una persona difficile con cui stare. Comprensibilmente, dal momento che sono passati solo sette mesi da quando sua figlia adolescente, Angela, è stata trovata violentata e assassinata vicino alla loro casa a Ebbing, Missouri. Mildred cova un’atroce e morbosa sete di giustizia per scovare chi ha fatto questo a sua figlia. Ma definire quella di Mildred una "sete di giustizia" è quasi riduttivo, se non semplicistico. Si tratta piuttosto di una ferita purulenta che, anziché curarsi, si infetta e si espande, trascinando con sé chiunque le si avvicini. La sua crociata è una detonazione di dolore e rabbia repressa, un urlo primordiale che sfida le convenzioni e scardina le istituzioni. Mildred non cerca la giustizia nel senso legale o morale comunemente inteso; cerca una forma di vendetta catartica, un modo per dare una voce alla figlia perduta, anche se questa voce è stridula e dissonante. La McDormand, con la sua maschera ruvida e i suoi occhi di brace, incarna una Medea moderna, una figura tragica che non esita a sacrificare la propria pace e quella altrui sull'altare di un ideale di retribuzione. La sua è una ribellione contro l'inerzia, contro il silenzio complice, contro un sistema che sembra averla abbandonata.

Percorre le strade della cittadina nella sua vecchia station wagon con pannelli in legno, vestita con una logora tuta da lavoro, lo sguardo fisso davanti a sé. Non ha pazienza per i rilassanti convenevoli con il prete locale, il quale viene a casa sua per una tazza di tè e una parola di conforto, e a cui viene servito un monologo sulla pedofilia nel clero cattolico. Mildred macerata nel suo amaro cinismo, si fa beffe persino di suo figlio Robbie, non abbassa mai la guardia, non indulge mai a una tenerezza per non far calare la tensione sul suo obiettivo. La donna anzi non perde occasione per spiattellare gli orribili dettagli dell’omicidio di Angela in faccia a tutti quelli che incontra. Infine Mildred decide di salire di livello. Nota infatti tre cartelloni pubblicitari inutilizzati sula strada che porta a Ebbing, e concepisce l’idea di affittarli con messaggi personalizzati indirizzati al capo della polizia locale, Bill Willoughby (Woody Harrelson). I messaggio di Mildred sono un attacco alla Polizia e alle indagini inconcludenti.

Il dipartimento sta facendo tutto il possibile, le assicura il capo Willoughby, anche se non è rassicurante il fatto che il poliziotto assegnato al caso è un violento insensibile come l’agente Dixon (Sam Rockwell), noto in città per i suoi maltrattamenti nei confronti dei sospetti neri in custodia. L'agente Dixon, interpretato con una performance da Oscar da Sam Rockwell, non è solo una spalla comica o un mero antagonista. È il simbolo incarnato di un'America profonda e problematica, una terra di contraddizioni dove il pregiudizio razziale è una piaga radicata e la brutalità poliziesca una realtà quotidiana accettata. La sua evoluzione nel corso del film è uno dei colpi di scena più audaci e controversi di McDonagh: da stereotipo del poliziotto razzista e irresponsabile, Dixon emerge gradualmente come un personaggio sorprendentemente complesso, capace di una redenzione fragile e ambigua, che invita lo spettatore a confrontarsi con la propria capacità di empatia e perdono. Questo arco narrativo, che ha suscitato non poche discussioni sulla sua veridicità e sul suo messaggio, è emblematico della volontà di McDonagh di sfuggire alle facili categorizzazioni morali, spingendo il pubblico oltre il comfort di un manicheismo narrativo.

McDonagh crea un microcosmo credibile e conchiuso in se stesso. E a differenza degli eroi stralunati di In Bruges e Seven Psychopaths, Mildred fa parte di un panorama sociale più ampio e certificato. Nel bene e nel male, lei appartiene a Ebbing, anche se la maggior parte dei suoi abitanti, incluso il suo ex marito (John Hawkes), la considera una pazza. McDonagh campisce abilmente una miriade di personaggi secondari che sono più che semplici comparse: il manager dell’ufficio fatiscente che affitta i cartelloni pubblicitari (Caleb Landry Jones), un avventore del bar della città con una cotta millenaria per Mildred (Peter Dinklage) o la madre ancora più perfida del figlio dell’ufficiale Dixon (Sandy Martin). Ogni personaggio, per quanto marginale, contribuisce a dipingere un affresco di provincia americana vivido e impietoso, dove le vite si intrecciano in un groviglio di rancori, affetti distorte e speranze infrante. L'universo di Ebbing, in sostanza, diventa una lente d'ingrandimento sulle crepe del sogno americano, un'indagine sulla violenza latente e sui meccanismi di autodistruzione che possono scaturire dal dolore inespresso e dalla rabbia repressa. I tre manifesti, da semplici oggetti, si trasformano in un simbolo potente: sono le tre punte di un attacco non solo a una singola polizia locale, ma a un'intera società che preferisce la stasi all'azione, la convenzione alla verità scomoda. Non è un caso che il film sia uscito in un periodo storico di grande fermento sociale, risuonando con le discussioni sulla responsabilità delle istituzioni, sulla violenza di genere e sulla giustizia sociale, pur mantenendo una sua universalità atemporale nel ritratto del lutto e della sua elaborazione distorta. La regia di McDonagh è un bilanciamento magistrale tra il dramma più cupo e l'irrefrenabile comicità, a tratti surreale, che alleggerisce la tensione senza mai sminuire la gravità della posta in gioco.

Ebbing è una sorta di tela imbevuta di queste figure, una terra che va dai confini sporchi della stazione di polizia a quel tratto solitario di strada agricola con i suoi tre cartelloni pubblicitari accusatori. E su ogni cosa aleggia il mistero della morte di Angela, come a collegare con un filo mortifero ogni atomo del paesaggio, ogni emozione messa in campo. E su tutto questa straordinaria figura di Donna che si erge su ogni cosa e grida con ogni cellula del proprio Essere la sua materna sete di giustizia. Questo film non si limita a raccontare una storia, ma interroga lo spettatore sulla natura del bene e del male, sulla complessità dell'animo umano e sulla possibilità, o meno, di trovare redenzione in un mondo che sembra averla smarrita. Un'opera audace, scomoda, destinata a rimanere impressa nella memoria collettiva non solo per la sua pioggia di premi, ma per il coraggio di affrontare tematiche spinose con una lucidità rara e uno stile inconfondibile.

Galleria

Immagine della galleria 1
Immagine della galleria 2
Immagine della galleria 3
Immagine della galleria 4
Immagine della galleria 5
Immagine della galleria 6
Immagine della galleria 7
Immagine della galleria 8
Immagine della galleria 9
Immagine della galleria 10
Immagine della galleria 11

Commenti

Loading comments...