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Il Dottor Mabuse

1922

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Regista

Primo capitolo della trilogia che Lang dedicò alla demoniaca figura del Dottor Mabuse, un'opera titanica che si erge come un monumento filmico alla preveggenza e all'inquietudine. Si tratta di un’opera divisa in due parti: “Mabuse il giocatore” è la prima, “un quadro dell’epoca” la seconda. Il film è ambientato nella tumultuosa Repubblica di Weimar, un periodo di grande instabilità politica, economica e sociale, una vera e propria polveriera culturale dove la decadenza morale e la ricerca sfrenata del piacere convivevano con l'ombra incombente della miseria e dell'estremismo. La figura di Mabuse, manipolatore e criminale senza scrupoli, non si limita a riflettere le paure e le ansie di una società in cerca di una nuova identità, ma ne incarna la più esiziale manifestazione, un epifenomeno della psiche collettiva al collasso. Sebbene realizzato prima dell'ascesa di Hitler, "Il dottor Mabuse" anticipa in modo inquietante alcuni dei temi che caratterizzeranno il regime nazista, come la manipolazione delle masse attraverso la propaganda e il culto della personalità, il fascino perverso del potere assoluto e la disintegrazione del senso civico. Lang utilizza tutti gli strumenti dell'espressionismo tedesco per creare un'atmosfera cupa e opprimente, elevando il linguaggio cinematografico a specchio dell'animo umano più recondito. Le inquadrature distorte che sfidano la geometria convenzionale, i giochi di luce e ombra che scolpiscono volti e ambienti in chiaroscuri caravaggeschi, le scenografie claustrofobiche che soffocano lo spirito e riflettono l'interna prigione dei personaggi, tutto contribuisce a rendere il film un'esperienza visiva intensa, quasi un incubo lucido, e profondamente inquietante, pari all'impatto di un "Gabinetto del Dottor Caligari" ma con una dimensione epica e sociale incomparabile. La struttura narrativa del film è complessa e articolata, con numerosi flashback che frammentano la percezione della realtà e colpi di scena che scuotono le certezze. Questa struttura non lineare non si limita a creare un senso di disorientamento e di inquietudine nello spettatore, ma riflette la stessa disgregazione sociale e la perdita di un punto di riferimento morale che affliggevano la Germania di quegli anni.

Il dottor Mabuse, un genio del crimine e dell'ipnosi, trama nell'ombra della Repubblica di Weimar, un burattinaio invisibile che tira i fili della Borsa di Berlino, falsifica denaro con una precisione chirurgica e orchestra intricate macchinazioni criminali che si estendono dalla frode al ricatto, fino all'omicidio. Con un'intelligenza diabolica e una capacità di trasformazione quasi camaleontica – si veste da psicanalista, da falsario, da mistificatore – Mabuse riesce a sfuggire alla giustizia, seminando il caos e il terrore in una società già vacillante. Egli è l'archetipo dell'uomo nuovo, scaturito dalle ceneri della Grande Guerra, che prospera nel caos, un mefistofelico demiurgo che crede di poter plasmare la realtà a suo piacimento. Un tenace procuratore, Von Wenk, incarnazione della legge e dell'ordine in un mondo senza più certezze, si mette sulle sue tracce, dando inizio a una lotta senza quartiere tra il bene e il male, una partita a scacchi esistenziale che trascende la mera indagine poliziesca. Le indagini portano Von Wenk a svelare la rete intricata di complotti e inganni architettata da Mabuse, ma il criminale sembra sempre un passo avanti, quasi fosse onnisciente, un'entità più che un uomo. La sua abilità di manipolare la mente altrui, di piegare le volontà con un semplice sguardo, lo rende una minaccia invisibile e pervasiva. Dopo una serie di rocambolesche avventure e peripezie, che culminano in un'inseguimento mozzafiato e una resa dei conti che sembra quasi catartica, Mabuse viene finalmente catturato e internato in un manicomio. Tuttavia, l'ombra del suo genio malvagio non viene dissipata; essa continua a incombe sulla città, un presagio sinistro che non è la sua fine, ma solo una metamorfosi, lasciando presagire nuovi pericoli e la continuazione della sua influenza esiziale, come avrebbe poi confermato il successivo "Il testamento del Dottor Mabuse".

Ogni capitolo della saga di Mabuse sfiora e permea un preciso periodo storico tedesco (Weimar, il Nazismo e la Guerra Fredda), fungendo da lente d'ingrandimento sulle patologie politiche e sociali che affliggevano la nazione. Lang colpisce per la modernità del linguaggio, per la fluidità degli stilemi che fondono dramma psicologico e thriller d'azione, per la lucida campitura della mente criminale di Mabuse e per il suo sguardo devastatore, uno sguardo che non è solo quello del personaggio, ma che è lo sguardo penetrante e disincantato di Lang stesso e della sua cinepresa. Mabuse non è solo un criminale, ma un vero e proprio genio del male, un nichilista che si erge al di sopra della morale comune, un profeta oscuro dell'imminente cataclisma. La sua capacità di manipolare le persone e gli eventi, di orchestrare il caos con precisione meccanica, lo rende una figura affascinante e terribile al tempo stesso, quasi un'ipostasi di quel desiderio latente di ordine assoluto che si risolve in tirannia. Attraverso la figura di Mabuse, Lang non si limita a criticare la società del suo tempo, ma ne denuncia le sue più profonde e sistemiche vulnerabilità, i pericoli intrinseci alla manipolazione delle masse e alla corruzione del potere. Il suo profilo rappresenta il lato oscuro della società, il male che si nasconde dietro le apparenze di un'effimera prosperità e di una libertà superficiale, una deflagrazione di valori che apriva le porte a derive totalitarie. Un’opera terribile e affascinante questa di Lang, con inquietanti declinazioni precognitive sull'andamento della Storia del suo paese, una sorta di spaventoso indovino pronto a ghermire la Realtà e, in definitiva, noi stessi, impietriti e impotenti spettatori, intrappolati in una visione che si rivelerà dolorosamente profetica.

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