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La Guerra Lampo dei Fratelli Marx

1933

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Il titolo originale è “Duck Soup”, ma lo zampino del distributore italiano stravolge nuovamente l’opera con un titolo completamente avulso dalla sottile ironia del titolo originale. "Duck Soup", un'espressione gergale americana che indica qualcosa di insolitamente facile da realizzare o da affrontare – in sostanza, una "passeggiata" – assume qui i contorni di una beffa suprema, preannunciando la caotica semplicità con cui i Marx demoliscono ogni pretesa di ordine e di senso. È un film chiassoso, irriverente, debilitante, irritante, sarcastico, parodistico. In una parola: un film dei fratelli Marx. Un'opera che non concede tregua attraverso un universo di nonsense e di irriverenza. I fratelli Marx, con il loro umorismo anarchico e trasgressivo, demoliscono ogni convenzione e ogni autorità, prendendo di mira la politica, la guerra, la società borghese. Il film, diretto da Leo McCarey, è un concentrato di gag visive e verbali, di situazioni surreali e di personaggi eccentrici, che creano un vortice di comicità irresistibile.

McCarey, un maestro nel dare struttura a personalità comiche esplosive, si trovò qui a dover imbrigliare (o, più precisamente, a liberare) la pura essenza anarchica dei quattro fratelli. La sua regia, pur conferendo una certa coesione al disordine, accentua piuttosto che diluire l'impeto distruttivo della loro comicità, rendendo "Duck Soup" il loro manifesto più audace e probabilmente il loro capolavoro più puro. I protagonisti, con il loro umorismo verbale e visivo, rappresentano un unicum nella storia della commedia. Groucho, con le sue battute sardoniche e il suo sigaro sempre acceso, funge da fulcro verbale del caos, un dandy della decostruzione linguistica. Harpo, con la sua mimica surreale e la sua arpa, incarna l'elemento visivo più inaspettato e poetico, un Pierrot del pandemonio che emerge dal silenzio per azioni di inaudita idiozia o di inattesa grazia. Chico, con il suo accento italiano maccheronico e la sua logica distorta, è il ponte tra il non-sense puro di Harpo e la satira verbale di Groucho, un catalizzatore di equivoci e giochi di parole. E Zeppo, con il suo ruolo di sardonica spalla e l'ingenuo innamorato, rappresenta l'ultimo barlume di normalità che viene inevitabilmente travolto. Insieme, creano un bislacco plotone di personaggi indimenticabili, in perenne contrasto con la quinta, insostituibile sorella onoraria: la maestosa Margaret Dumont. Lei è la personificazione stessa dell'establishment borghese, la vittima perfetta, l'aristocratica matriarca che, con la sua imperturbabile dignità e il suo stoicismo quasi eroico di fronte alle incessanti umiliazioni di Groucho, diviene essa stessa una figura comica di statura monumentale. La sua presenza è l'ancora che permette alla follia marxiana di non disperdersi nel mero delirio, offrendo un punto di riferimento rispetto al quale misurare l'abisso della loro irriverenza.

La storia ruota intorno all’improbabile dittatore di un improbabile stato, Rufus T. Firefly è infatti il leader indiscusso di Freedonia. Rufus, interpretato da Groucho, con la sua arroganza, la sua incompetenza e il suo umorismo spiazzante, porta il paese alla guerra contro la vicina Sylvania. Il film è un susseguirsi di situazioni assurde e paradossali, in cui i fratelli Marx si divertono a prendere in giro la politica, la guerra, la diplomazia, la giustizia. Le loro battute fulminanti, i loro travestimenti, le loro gag fisiche – come la celeberrima scena dello specchio, un capolavoro di coordinazione visiva e di brillantezza comica dove Harpo e Groucho si scambiano di posto creando un'illusione perfetta e un crescendo di risate – creano un ritmo frenetico e coinvolgente, che trascina lo spettatore in un mondo di follia e di ilarità. La trama, se di trama si può parlare, è un mero pretesto, una cornice entro cui gli attori possono scatenare il loro genio del caos, disattendendo ogni aspettativa narrativa e logica.

Duck Soup esce nel 1933, in un periodo di grande crisi economica e di crescenti tensioni internazionali. Il film, con la sua satira politica e la sua parodia della guerra, può essere letto come una critica all'autoritarismo e al militarismo, che stavano prendendo piede in Europa. In un'epoca in cui i totalitarismi in Italia, Germania e Unione Sovietica stavano consolidando il loro potere, e la minaccia di un nuovo conflitto mondiale aleggiava cupamente, l'irriverenza dei Marx fu percepita da alcuni come eccessiva, quasi blasfema. La sua ricezione iniziale fu infatti tiepida, non eguagliando il successo dei film precedenti, forse perché la realtà superava persino la loro fantasia, o perché il pubblico non era ancora pronto per una satira così corrosiva e disillusa sull'orrore della guerra e sulla vacuità del potere.

Deus ex Machina del film è senza ombra di dubbio Groucho Marx. Groucho è un maestro indiscusso del nonsense, una forma di umorismo che si basa sulla violazione delle regole della logica e del buon senso, creando situazioni assurde e paradossali. Il suo personaggio, con il suo inconfondibile sigaro, le sopracciglia folte e l'andatura dinoccolata, è un concentrato di battute fulminanti, giochi di parole, doppi sensi e non sequitur, che spiazzano e divertono il pubblico. Le sue sconclusionate azioni da statista nevrotico caratterizzano tutto il film e ci regalano perle da quotare: “Faccia finta di niente, ma penso che ci sia un uomo in più in questa stanza e penso che sia lei!” o ancora: “Potrei ballare con lei finché non si svegliano le galline, anzi ballerò con le galline fin quando non si sveglierà lei.”, o anche: “I miei antenati si rivolterebbero nella tomba e dovrei rimboccare la lapide a tutti”. Groucho gioca con le parole, stravolgendone il significato, creando associazioni improbabili e utilizzando calembour e doppi sensi. Le sue battute sono spesso piene di ironia e sarcasmo, e mirano a smontare le convenzioni linguistiche e sociali. Non è solo un gioco linguistico, ma una vera e propria decostruzione semantica, un gesto quasi dadaista o surrealista nel suo rifiuto della coerenza e nella sua celebrazione dell'assurdo come unica verità plausibile in un mondo impazzito. Questo film ha lasciato un segno indelebile nella storia della commedia. La sua capacità di violare le regole, di creare situazioni assurde e di criticare il potere con ironia e intelligenza lo rende un caposaldo indiscutibile del genere. È un punto di partenza ineludibile da cui gente come i Monty Python hanno tratto ispirazione per la loro comicità demenziale e anti-sistemica, Mel Brooks ha edificato i suoi registri parodistici, spesso orientati verso la satira politica e storica (si pensi a The Producers), Peter Sellers ha affinato la sua arte del trasformismo e del nonsense, e il primo Woody Allen ha attinto per il suo umorismo nevrotico e intellettuale. Si può persino intravedere la sua eco nella satira nucleare di Stanley Kubrick in Dr. Strangelove, dove la follia dei leader porta il mondo sull'orlo dell'apocalisse. "Duck Soup" non è solo un film, ma un'epifania del caos organizzato, un monumento all'intelligenza anarchica che continua a risuonare, oggi più che mai, come un monito beffardo contro ogni forma di autoritarismo e di pretenziosità.

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