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Il Vaso di Pandora

1929

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Distribuito in Italia anche con il titolo di Lulu è il secondo dei due film di Pabst usciti nel 1929 (l’altro è Diario di una Donna Perduta). Si tratta di un'opera che si inserisce nel filone del cinema espressionista tedesco, esplorando le profondità della psiche umana e le contraddizioni della società. Ma l'etichetta di "espressionista" per Pabst è forse riduttiva: sebbene il film utilizzi elementi stilistici quali luci e ombre marcate, scenografie suggestive e un'atmosfera di perenne inquietudine, il suo approccio si discosta dall'eccessiva stilizzazione dei maestri come Murnau o Wiene, orientandosi piuttosto verso una "Nuova Oggettività" che mira a svelare la cruda realtà psicologica e sociale, piuttosto che deformarla unicamente. Il film, secondo capitolo di una ideale trilogia dedicata alle figure femminili (iniziata con "L'amore di Jeanne Ney" e conclusa con "Diario di una donna perduta"), si concentra sulla figura di Lulu, una donna fatale e ammaliatrice, incarnazione della sensualità e del desiderio, ma anche vittima di una società ipocrita e moralista. Pabst, con maestria, dipinge un ritratto complesso e sfaccettato di questa figura iconica, esplorandone la libertà sessuale, l'innocenza istintiva e la tragica fine, anticipando di decenni tematiche legate all'emancipazione femminile e alla decostruzione del moralismo borghese.

Anche in questo film un ritratto di donna fatale: ammaliatrice, maitresse perversa e oggetto del desiderio, Lulu è l’archetipo della sensualità. Ma definire Lulu una semplice femme fatale sarebbe ingiusto e riduttivo; ella non è un'intrigante manipolatrice nel senso classico, bensì una forza elementare, quasi una creatura mitologica, una ninfa che attraversa la società senza comprenderne le regole, scatenando disastri non per malizia, ma per la sua stessa incontenibile essenza. La trama, ispirata alle opere teatrali "Lo spirito della terra" e "Il vaso di Pandora" di Frank Wedekind – testi che già all'epoca scuotevano le convenzioni per la loro audacia nel trattare la sessualità e la morale – segue l'ascesa e la caduta di Lulu, una giovane donna che con la sua bellezza e il suo fascino magnetico seduce e distrugge gli uomini che la circondano. Pabst, fedele allo spirito caustico di Wedekind ma trasponendolo in un linguaggio squisitamente cinematografico, enfatizza la catena di eventi fatali che Lulu innesca involontariamente. Da amante di un ricco editore a ballerina di cabaret, da moglie di un medico a prostituta a Londra, Lulu attraversa diverse fasi della sua vita, lasciando dietro di sé una scia di passioni e tragedie. Incontra personaggi diversi, come il pittore Schwarz, il giovane Alwa Schön, il Dr. Schön e suo figlio, tutti attratti dalla sua irresistibile aura erotica, tutti condannati dalla sua incapacità di conformarsi, di essere posseduta, di essere domata. Ma il suo destino è segnato: dopo una serie di delitti e fughe, il suo viaggio la condurrà dalle opulenti dimore borghesi ai sordidi vicoli della Londra vittoriana, dove Lulu finirà per incrociare la strada di Jack lo Squartatore, trovando la morte nella notte di Natale. Un finale simbolico, quasi un epilogo mitico, in cui la libertà primordiale e senza freni di Lulu si scontra con la malevolenza più oscura e primigenia, quella che abita le ombre della civiltà.

Una donna eccessiva in tutto: smodata negli affetti, affabulatrice fino all’ipnosi, grondante di un fascino oscuro e ineludibile. Pabst, con uno stile che fonde la suggestione espressionista con un nascentre realismo sociale della Weimar Republica, utilizza luci e ombre, inquadrature angolate e scenografie suggestive per creare un'atmosfera di mistero e inquietudine, ma è soprattutto nell'espressione dei volti e nella gestualità che il dramma si concentra. Il suo occhio clinico, ereditato forse dalla sua precedente carriera di medico, disseziona le ipocrisie del mondo borghese che tenta invano di ingabbiare Lulu. La performance di Louise Brooks, nel ruolo di Lulu, è leggendaria e senza tempo. Con la sua bellezza androgina, il suo sguardo magnetico e la sua sensualità ferina, l'attrice americana ha dato vita a un'icona del cinema, un simbolo di libertà e trasgressione. Il suo celebre caschetto nero, il "Louise Brooks bob", divenne un emblema della "flapper" e della "New Woman", un manifesto visivo di una modernità sfacciata e liberata. La sua recitazione, tanto naturale quanto intensamente espressiva, si distinse nettamente dalla stilizzazione spesso ampollosa di altre attrici dell'epoca, offrendo una vulnerabilità e una vitalità che ancora oggi colpiscono lo spettatore. Il film, oltre a essere un punto di riferimento estetico per la sua innovazione visiva e narrativa, è anche una profonda riflessione sulla condizione femminile, sulla morale borghese e sul potere distruttivo e autolesionistico del desiderio. Pabst offre una rappresentazione complessa e ambivalente della donna, mostrando sia la sua forza seduttiva inarrestabile che la sua intrinseca vulnerabilità. Lulu è una figura tragica, un'eroina anti-eroina che paga con la vita la sua libertà, la sua incapacità di adattarsi alle regole costrittive di una società che condanna ciò che non può comprendere o controllare. E proprio per questa sua atavica e selvaggia mancanza di conformismo, cadrà inesorabilmente, perdendosi nel tumulto anonimo e crudele della metropoli, un labirinto di pulsioni e pericoli in cui l'innocenza istintiva non può sopravvivere.

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