La mia Notte con Maud
1969
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Regista
In precario equilibrio sui sentimenti, Eric Rohmer indaga sulla natura dell’amore, non come un impeto irrazionale, ma come un campo di battaglia dialettico, un esperimento filosofico in cui la ragione e il caso si confrontano senza tregua. La mia notte con Maud, gioiello luminoso della sua celebre serie di Contes Moraux, si erge a vertice di questa esplorazione, disvelando le sfumature più sottili delle decisioni umane e delle loro irrevocabili conseguenze.
Ne viene fuori un’opera intrigante: per prospettiva emotiva e per indagine psicologica. Rohmer, un autentico entomologo dell'animo borghese, osserva i suoi personaggi con una distanza quasi scientifica, eppure imbevuta di una profonda empatia, permettendo al loro intimo dibattito di risuonare ben oltre lo schermo. Non si tratta di un dramma convenzionale, bensì di una partitura di conversazioni, di pause cariche di significato, di sguardi rubati e di silenzi eloquenti, dove la vera azione si svolge nel tumulto interiore dei protagonisti, un'eco delle pièce marivaudiane filtrate attraverso la lente del cinema moderno.
Un ingegnere della Michelin, Jean-Louis (interpretato con calibrata malinconia da Jean-Louis Trintignant), si sposta per lavoro in un paesino del Clermont-Ferrand, un contesto provinciale e invernale che amplifica il senso di un isolamento contemplativo. È qui che, durante una messa, nota un’avvenente fanciulla, Françoise, che si ripromette di incontrare e, nel suo rigido schema esistenziale, di sposare. Questo desiderio, quasi un dogma, si radica nella sua visione del mondo dettata da un cattolicesimo quasi giansenista, profondamente influenzato dal "Settecento morale" e, in particolare, da Blaise Pascal. Il suo proposito di una vita retta e preordinata, un’applicazione quasi letterale della "scommessa di Pascal" all’amore e al destino, è il cardine su cui si misureranno tutte le sue successive scelte. La grazia, la Provvidenza, la volontà umana: questi i concetti che si agitano silenziosamente sotto la superficie delle sue azioni apparentemente banali.
La stessa sera, in un sublime gioco del caso o del destino – una delle tematiche predilette da Rohmer –, è invitato da un amico, Vidal (Antoine Vitez), a casa di Maud (Françoise Fabian), donna intelligente, disinibita, divorziata, la cui esistenza sembra l’esatto opposto della rigidità morale di Jean-Louis. Con lei trascorre una notte di parole e un solo labile bacio. Ma quella che si potrebbe definire una “notte bianca” è, in realtà, un vortice di idee, un duello verbale che si dipana tra citazioni di Pascal e discussioni sull'amore, la libertà, il tradimento, la sincerità. La magia di Rohmer sta nel rendere questo confronto intellettuale infinitamente più seducente e denso di suspense di qualsiasi effusione fisica. È attraverso la potenza della parola che si rivelano le anime, si svelano le fragilità, si manifestano le attrazioni e le repulsioni. La regia di Rohmer, coadiuvata dalla magistrale fotografia in bianco e nero di Néstor Almendros, che cattura con squisita eleganza la luce fredda e penetrante dell'inverno francese, trasforma gli interni borghesi in teatri di coscienza, dove ogni ombra e ogni riflesso contribuiscono a definire il paesaggio interiore dei personaggi.
Anni dopo, la vita di Jean-Louis sembra essersi conformata al suo piano prestabilito: si ripresenta a casa della donna dopo aver sposato la ragazza conosciuta a Messa. Ma il passato non è mai davvero sepolto. La dialettica, che aveva dominato la notte con Maud, lascerà ora posto alle pulsioni sotterranee che proromperanno con forza dirompente, non tanto in un dramma esteriore, quanto nel progressivo sgretolarsi delle certezze interiori di Jean-Louis. Rohmer non ha bisogno di colpi di scena grandiosi; gli basta la rivelazione di un dettaglio, la risonanza di un ricordo, per scuotere dalle fondamenta l'edificio della coerenza personale dei suoi personaggi. L'ironia amara della situazione risiede nel fatto che la "scelta morale" di Jean-Louis, quella che avrebbe dovuto garantirgli la tranquillità e la virtù, lo conduce invece su un sentiero tortuoso di autoinganno e rimpianto.
Una delle scene più malincoliche di tutto il film è la scena finale: Jean-Louis incontra dopo cinque anni Maud sulla spiaggia, in un contesto quasi onirico che contrasta con la realtà quotidiana. Si stacca dalla moglie e dal figlio per salutarla, un dialogo soffuso tra le dune di sabbia, dove il vento sembra sussurrare segreti e non detti. E davanti ai due, oltre le parole, si possono quasi toccare i ricordi, i bivii della vita, i rimpianti rotolati attraverso gli anni. La rivelazione che emerge in questo frangente, riguardo al passato di Françoise e al legame inaspettato con Maud, è un pugno allo stomaco di gelida ironia, che smantella la purezza idealizzata che Jean-Louis aveva proiettato sulla sua scelta matrimoniale. Questa amara verità rende il suo percorso morale ancora più ambiguo e stratificato.
Il film si conclude con Jean-Louis che fa ritorno dalla moglie e incomincia a parlarle di Maud, millantando una notte di sesso mai avvenuta. Una bugia che è allo stesso tempo una confessione in codice e un tentativo disperato di reificare un desiderio, di dare corpo a un'alternativa che non si è mai concretizzata, forse per giustificare a sé stesso il suo "errore" di non aver ceduto al richiamo di Maud. Poi si alza e, mano nella mano, si tuffa nelle onde con suo figlio e sua moglie. Una scena che, se da un lato potrebbe suggerire una ritrovata armonia o un'accettazione del proprio destino, dall'altro lato lascia un retrogusto di inquietudine. È una catarsi o l'ennesima maschera indossata per continuare a galleggiare in un'esistenza di compromessi e verità taciute?
Rohmer, fine conoscitore dell’animo umano, modella una storia intorno al vorticare dell’amore in fieri, della passione che avrebbe potuto essere, della strada non intrapresa. Un film che non offre risposte facili, ma pone interrogativi scomodi, invitando lo spettatore a riflettere sulle proprie scelte, sui propri rimpianti, sui "se" che costellano ogni vita. È un'opera che, con la sua eleganza quasi ascetica e la sua profondità filosofica, non mancherà di farci riaffiorare un bacio rubato, uno sguardo perduto, una donna volata via nel vento della memoria, echi persistenti di quelle vite parallele che, in un'altra notte, sotto altre stelle, avrebbero potuto essere la nostra.
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