Metropolis
1927
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Regista
Un film che cambia il nostro modo di intendere il Cinema e che suscita nuove idee ad ogni visione. Ancora oggi Metropolis è un’opera fertile, abbacinante nel suo svettante messaggio estetico ed etico. Realizzato nel 1927, in un momento di grandi trasformazioni sociali e tecnologiche, nell'inquieta e vibrante Repubblica di Weimar, il film di Lang dipinge un futuro distopico dove le divisioni di classe sono esasperate e la tecnologia viene utilizzata per dominare e opprimere. Metropolis è un'opera che va oltre il semplice intrattenimento, offrendo una riflessione profonda sulla condizione umana, sul potere e sulla perversione del progresso. È un film che continua a parlare al nostro presente, sollevando interrogativi ancora oggi attuali con una lucidità quasi profetica.
Metropolis è una città radicalmente separata in due mondi: quello degli opulenti e dei potenti, che vivono in grattacieli scintillanti, e quello dei lavoratori, relegati in un sottosuolo oscuro e umido. Questa dicotomia tra ricchi e poveri, tra chi detiene il potere e chi ne è privo, non è soltanto un contrasto sociale, ma una vera e propria frattura ontologica, un abisso tra la mente (il cervello pensante dei padroni) e le mani (la forza lavoro bruta), un tema ancora di strettisima contingenza. La tecnologia, in Metropolis, non è soltanto un mezzo di produzione, ma uno strumento pervasivo nelle mani dei potenti per controllare le masse e mantenere l'ordine sociale. I macchinari giganteschi, i robot e le telecamere di sorveglianza sono utilizzati per monitorare e disciplinare gli operai, delineando un modello di società della sorveglianza che anticiperà di decenni le distopie letterarie di Orwell o Huxley. Anche oggi, le preoccupazioni legate all'uso della tecnologia per il controllo sociale sono al centro del dibattito pubblico, in un'eco spaventosa di quel futuro meccanizzato. Il lavoro, in Metropolis, è un'attività alienante e ripetitiva, che priva gli individui della loro umanità. Gli operai sono ridotti a semplici ingranaggi di una macchina, senza alcuna possibilità di espressione o di realizzazione personale, una critica impietosa al Taylorismo e al Fordismo che riducevano l'uomo a pura funzione produttiva. Anche questo tema lo troviamo vivo e denso di problematiche ai nostri giorni, soprattutto nell'era della produzione di massa e dell'automazione, che spesso relega l'individuo a mera estensione di un algoritmo.
Fritz Lang racconta la storia di una futuristica città in cui classe operaia e classe dirigente sono rigidamente divise sotto il comando di un dittatore. Le cose cambieranno con l’incontro di Maria, una proletaria dal fervore spirituale che incarna la purezza e la speranza, e Frederer, il figlio del padrone assoluto di Metropolis, Joh Fredersen, che rappresenta la coscienza borghese in cerca di redenzione. Il loro amore, simbolo della necessaria unione tra "cuore" e "mente", sarà spezzato dallo scienziato Rotwang, figura faustiana e archetipo del "folle scienziato", che rapirà Maria per realizzare un robot con le sue fattezze. Questa "Maschinenmensch", la Falsa Maria, non è solo un duplicato meccanico, ma una perversa incarnazione della propaganda, creata per incitare i lavoratori alla ribellione distruttiva, svelando la facilità con cui la speranza può essere manipolata in fanatismo. Metropolis, la città-universo che annulla ogni orizzonte, diviene essa stessa un personaggio, un monumento opprimente all'ambizione umana, una moderna Torre di Babele che cela nel suo ventre un vulcano di disperazione e potenziale anarchia.
Spettacolare uso delle immagini come rarefatte icone impreziosite da una cura per il dettaglio, da un amore per la fotografia che hanno del sovrannaturale. Lang, con il suo background architettonico, plasma la città come una scultura imponente, fatta di linee rette e volumi colossali, enfatizzati da un sapiente uso del processo Schüfftan, che permetteva di fondere set miniaturistici con attori in scala reale. Una straordinaria capacità registica di carpire le emozioni attraverso un nuovo linguaggio appositamente codificato, fatto di gesti enfatici, sguardi carichi di significato e un chiaroscuro espressionista che scolpisce la luce e le ombre, fa di quest’opera un classico senza tempo e una palestra preziosa per ogni uomo che voglia cimentarsi con l’Arte del cinema. E Metropolis è un'opera che ha segnato profondamente la storia del cinema, non solo come capolavoro dello stile espressionista, con le sue luci e le sue ombre contrastate, le sue forme geometriche e le sue architetture monumentali, ma come pietra miliare della fantascienza distopica. La sua estetica ha influenzato generazioni di registi, da Ridley Scott in Blade Runner all'immaginario di George Lucas per C-3PO in Star Wars, da Terry Gilliam in Brazil fino ai visionari Dark City e The Matrix, dimostrando la sua perenne risonanza visiva e tematica.
Ma al di là della sua bellezza formale, Metropolis è un film che ci invita a riflettere sulla società in cui viviamo, un monito contro l'alienazione industriale e l'uso distorto del potere. I temi affrontati da Lang, come la divisione di classe, l'alienazione, la deumanizzazione del lavoro e il potere della propaganda e della manipolazione mediatica – simboleggiata in modo terrificante dalla Falsa Maria – hanno carattere universale e sono tramandati attraverso la dissolvenza del Tempo con il loro immutato carico semantico. Metropolis è un film che non invecchia, un'opera ancora capace dopo quasi un secolo di suscitare in noi fortissime emozioni mettendo a nudo le contraddizioni del nostro tempo, e ricordandoci che il ponte tra la mente e il cuore, tra il potere e il lavoro, è l'unica via per una vera e duratura armonia sociale.
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