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Ritrovarsi

1942

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È il 1942: il mondo reale è avvolto dalle fiamme della guerra, e Sturges, l'autore-re della Paramount, risponde non con il patriottismo zuccheroso, ma con questo distillato purissimo di cinismo lussuoso, una fuga dalla realtà così consapevole di sé da diventare meta-cinema. L'intera tesi del film è nei suoi titoli di testa: una sequenza surreale di caos nuziale, di valigie, scarpe, smoking e veli che si rincorrono in un montaggio febbrile, il tutto etichettato con didascalie enigmatiche ("E vissero felici e contenti... o no?"), per poi culminare in un matrimonio. Sturges non inizia dalla fiaba; inizia dal disastro, mostrandoci il "lieto fine" solo per poter passare i successivi 80 minuti a smontarlo pezzo per pezzo.

Al centro del tornado c'è una delle premesse più anti-romantiche mai concepite. Gerry Jeffers (Claudette Colbert, al suo apice di sofisticata pragmatista) ama follemente suo marito, l'inventore idealista Tom Jeffers (Joel McCrea). È così innamorata che decide di lasciarlo. La sua logica è ferrea, e totalmente Sturges-iana: lei è un peso morto, un lusso che il suo genio squattrinato non può permettersi. L'unica soluzione? Fuggire a Palm Beach, divorziare, accalappiare uno dei milionari che infestano la costa della Florida come eleganti molluschi, e usare i soldi del nuovo marito per finanziare le invenzioni del vecchio. Non è avidità; è altruismo capitalistico. È la parodia definitiva del Sogno Americano, dove il matrimonio non è un sacramento, ma una strategia di venture capital. Sturges sghignazza in faccia al Codice Hays, presentando una donna la cui virtù è così salda da spingerla a un atto di prostituzione coniugale per il bene dell'uomo che ama. La sua fuga è finanziata da un Deus ex Machina letterale: The Wienie King (il Re dei Wurstel), un anziano magnate del junk food che le regala 700 dollari sul treno, un angelo custode della logica assurda che governa questo universo.

Il viaggio in treno verso Palm Beach è un capolavoro di caos orchestrato, un microcosmo della follia del mondo. Gerry, per sfuggire al bigliettaio, si ritrova ostaggio di un vagone letto requisito dal "Ale and Quail Club", una congrega di milionari ubriachi e armati di fucile che trasformano il treno in un fronte di guerra in miniatura. È lo slapstick elevato a commento sociale: sono l'incarnazione dell'idiozia maschile, distruttiva e rumorosa, da cui Gerry deve fuggire (travestita da facchino) per raggiungere la sua utopia finanziaria. Ma Palm Beach si rivela solo un acquario più tranquillo, ma altrettanto assurdo. È qui che incontra il suo bersaglio: J.D. Hackensacker III (Rudy Vallée, in una performance di sublime vacuità). Hackensacker non è un uomo; è un libretto degli assegni ambulante, un essere così ricco e noioso che la sua unica passione è annotare meticolosamente spese insignificanti ("Nektar... 15 centesimi"). È l'esatto opposto polare del virile e creativo (ma povero) Tom. La sua corte a Gerry è un capolavoro di dialogo surreale, specialmente quando Sturges introduce "Topic A"—il sesso—un argomento che il Codice Hays vietava, e che Sturges aggira facendone il centro della conversazione, un labirinto di doppi sensi in cui Hackensacker crede che il "Topic A" di Gerry sia semplicemente il suo "argomento preferito", mentre lei sta parlando (letteralmente) di suo marito.

Sturges popola questo mondo con la sua solita stock company di adorabili folli, tra cui spicca The Princess Centimillia (Mary Astor), la sorella di Hackensacker, una divoratrice di uomini e di frasi fatte, che colleziona mariti con la stessa noncuranza con cui suo fratello annota spese. Ma la perfezione della macchina comica di Sturges sta nel suo rifiuto di prendersi sul serio, fino all'autolesionismo. Quando Tom, arrivato a Palm Beach all'inseguimento di Gerry, complica irrimediabilmente il triangolo amoroso, Sturges si trova di fronte a un nodo narrativo insolubile. La sua soluzione? Non una soluzione, ma un atto di teppismo drammaturgico. Tira fuori dal cilindro non uno, ma due gemelli identici (la sorella di Gerry e il fratello di Tom), risolvendo ogni conflitto con un colpo di scena che non è solo implausibile, è una sfacciata presa in giro delle convenzioni narrative, da Shakespeare (La commedia degli errori) in giù. È Sturges che rompe la quarta parete e ci dice: "Avete creduto a questa follia per 80 minuti? Allora meritate un finale del genere". È la dichiarazione d'autore definitiva: il cinema non è la vita, è un gioco, e lui ne detta le regole assurde. Ritrovarsi è la vetta della screwball comedy proprio perché ne espone le fondamenta, ridendo della sua stessa, magnifica, artificialità.

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