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Ivan il Terribile

1944

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Ivan Groznyy è soltanto la prima parte di un’ipotetica trilogia che Eisenstein progettò per celebrare i fasti di uno Zar che per primo seppe unire tutta la galassia russa. Un progetto faraonico, nato sotto l'egida di Stalin stesso, che vedeva in Ivan il Terribile non solo un eroe nazionale, ma anche un precursore, una figura storica speculare alla propria, proiettando nel sovrano del Cinquecento la determinazione e la spietatezza necessarie a forgiare un impero unito contro nemici interni ed esterni. Questa commissione, lungi dall'essere una mera rievocazione storica, era un'operazione politica e culturale di vastissimo respiro, destinata a plasmare l'immaginario collettivo sovietico attorno alla figura del leader forte e visionario.

La seconda parte dal titolo “La congiura dei boiardi” fu completata e addirittura proiettata in ristrette cerchie nel 1946, ma mai distribuita al grande pubblico in vita del regista, a causa della censura posta sull’opera dal PCUS di allora. Stalin, vedendo in essa una pericolosa critica alla propria paranoia e ai metodi tirannici, non perdonò a Eisenstein la rappresentazione di uno Zar isolato e tormentato, preda di un delirio che lo portava a epurazioni indiscriminate, percependo il parallelismo come un'allusione diretta alla sua stessa condotta. La critica ufficiale, veicolata dal capo ideologo Andrej Ždanov, fu impietosa: il film fu accusato di "antistoricità" e di aver dipinto Ivan come un "debole volitivo, una sorta di Amleto". Questa condanna segnò profondamente Eisenstein, già provato da problemi di salute, e ne compromise la capacità di portare a termine l'opera magna della sua vita. La sua distribuzione postuma nel 1958, anni dopo la morte del Maestro, fu un atto riparatore, seppur tardivo.

La terza parte purtroppo non fu mai girata, ne esistono soltanto due spezzoni ritrovati recentemente negli archivi di qualche oscuro ufficio moscovita. La sua assenza pesa come un'ombra sulla completezza dell'ambizioso affresco, lasciandoci solo immaginare il culmine di quella che sarebbe potuta essere la più grandiosa e complessa epopea cinematografica mai concepita, un viaggio nella psiche del potere assoluto che probabilmente avrebbe approfondito ulteriormente gli aspetti più oscuri e tragici del regno di Ivan.

Il film narra la vita dello Zar Ivan (1547 – 1584): la travagliata vita di corte, la congiura dei boiardi a lui ostili che minacciavano l'autorità centrale, l’esilio volontario in convento – una mossa di astuzia politica per costringere il popolo a richiamarlo e così legittimare la sua autorità –, il ritorno trionfale a Mosca, le guerre conquistatrici e pacificatrici. Non è una biografia pedissequa, ma un'interpretazione densa, quasi operistica, di mezzo secolo di storia russa, un periodo cruciale in cui il Granducato di Mosca, attraverso la figura carismatica e terribile di Ivan, trovò la consapevolezza di un’unità a portata di mano, gettando le basi di quello che sarebbe diventato un impero vastissimo.

Il Maestro indugia sulla dignità, sulla fierezza, sul carattere semi-divino di Ivan, enfatizzando la solitudine del potere e la gravità del destino che incombe su chi è chiamato a unificare una nazione dispersa e frammentata. Questa rappresentazione è frutto di una stratificazione stilistica senza precedenti. Eisenstein, maestro del montaggio e della composizione visiva, qui si spinge oltre. La sua macchina da presa scolpisce i corpi in architetture viventi, trasformando i personaggi in icone quasi bizantine, con un uso del chiaroscuro che evoca la pittura caravaggesca o, più vicina al cinema, le atmosfere del grande espressionismo tedesco. Ogni inquadratura è un dipinto, un affresco monumentale dove la profondità prospettica non è solo una scelta tecnica, ma un'espressione della solitudine siderale del sovrano e della monumentalità del suo compito storico. Nikolai Cherkasov, nel ruolo di Ivan, non si limita a recitare; egli incarna il personaggio con una performance di magnifica teatralità, i suoi occhi profondi che svelano un abisso di ambizione, astuzia e, progressivamente, follia.

Nel farlo crea un’opera magistrale, in cui profondità prospettica, sensibilità estetica e gusto per l’indagine psicologica raggiungono vette di aulico lirismo. L'uso innovativo di angolazioni estreme, la scenografia imponente che fa della corte e della cattedrale ambienti di cospirazione e epifania, e i costumi sontuosi e stilizzati contribuiscono a forgiare un universo visivo unico. Ma ciò che eleva Ivan il Terribile al di là della semplice magnificenza visiva è l'integrazione simbiotica con la musica. La colonna sonora, composta dal geniale Sergej Prokof'ev, non è un mero accompagnamento, bensì un contrappunto narrativo e emotivo, un personaggio a sé stante che amplifica il dramma, sottolinea i leitmotiv psicologici e conferisce all'intera pellicola una dimensione operistica. Le partiture orchestrali e corali si fondono con le immagini, creando un'esperienza sensoriale totalizzante che è allo stesso tempo dramma storico, tragedia shakespeariana e grand'opera lirica. Questa fusione sinestetica, in cui suono e immagine sono inscindibilmente legati, è una lezione di cinema che ancora oggi risuona con potenza inaudita.

Tuttora inarrivabile per gran parte dei registi contemporanei, Ivan il Terribile rimane un monumento non solo alla potenza espressiva del cinema, ma anche alla complessità della relazione tra arte e potere. È il canto del cigno di un artista geniale che, pur cercando di servire un regime, non poté fare a meno di infondere nella sua creazione la propria inconfondibile visione del mondo, una visione che, ironicamente, finì per condannarlo.

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