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King Kong

1933

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Un film che è stato un punto d’arrivo e una presa di coscienza: l’industria hollywoodiana si rende conto di poter fabbricare kolossal apprezzati dal grande pubblico e che al contempo possano generare guadagni su vasta scala. Un fattore che significa business, investimenti e credibilità verso un settore quasi agli esordi. Il progetto per questo film, abbastanza travagliato nella gestazione, trova infine i capitali per essere realizzato, sebbene il plot incutesse qualche timore ai produttori. King Kong può essere letto come una critica alla società moderna, che sfrutta e distrugge la natura per i suoi scopi. La cattura di Kong e la sua esibizione come fenomeno da baraccone rappresentano la volontà dell'uomo di dominare e controllare tutto, anche ciò che è selvaggio e incontrollabile. Kong non è solo una bestia feroce, ma un personaggio complesso, con emozioni e sentimenti. Il film esplora la sua solitudine, la sua rabbia, il suo amore per Ann, dando al mostro una dimensione tragica e umana. Come Prometeo, che rubò il fuoco agli dei per donarlo agli uomini, Kong sfida l'ordine naturale, rapendo Ann Darrow e portandola nel suo regno selvaggio. Entrambi sono puniti per la loro trasgressione, ma le loro azioni sollevano interrogativi sulla relazione tra uomo e divinità, tra natura e civiltà.

La narrazione segue le vicende di una troupe cinematografica che si reca su un'isola misteriosa per girare un film. Lì scoprono l'esistenza di King Kong, un gigantesco gorilla venerato dagli indigeni come una divinità. Kong rapisce Ann Darrow, la protagonista del film, e la porta nella sua tana in cima a una montagna. La troupe, con l'aiuto di Jack Driscoll, un marinaio innamorato di Ann, si mette sulle tracce di Kong, che viene catturato e portato a New York per essere esibito come un fenomeno da baraccone. Ma Kong, sentendosi intrappolato e umiliato, si libera e semina il panico nella città, culminando nella sua tragica scalata dell'Empire State Building.

La tecnica usata in questo film per rendere verosimili le dimensioni del mostro e per farlo interagire con l’ambiente circostante è forse l'aspetto più rivoluzionario e innovativo dell'opera. Willis O'Brien, pioniere dell'animazione in stop-motion, ha guidato il team di effetti speciali, sviluppando e perfezionando metodi che hanno influenzato il cinema fantastico per decenni. L'animazione a passo uno, già utilizzata in film precedenti come Il mondo perduto (1925) di Hoyt, consisteva nel fotografare un modello di Kong in miniatura, spostandolo leggermente tra uno scatto e l'altro. Ripetendo questo processo migliaia di volte, si creava l'illusione del movimento. I modelli di Kong erano costruiti con uno scheletro di metallo articolato, ricoperto di gommapiuma, lattice e pelliccia. Questo permetteva di creare movimenti fluidi e realistici. Per far interagire Kong con l'ambiente circostante, furono costruite miniature dettagliate degli ambienti, come la giungla dell'isola e i grattacieli di New York. Le ricostruzioni in scala degli elementi urbani fanno oggi sorridere ma si pensi all’innovazione per quell’epoca e alla portata rivoluzionaria di questo nuovo lavoro di artigianato e all'influenza che ebbe sulla storia degli effetti speciali, si pensi a Star Wars ad esempio. La Retroproiezione: questa tecnica, che consisteva nel proiettare immagini di sfondi su uno schermo posizionato dietro agli attori, fu utilizzata per creare l'illusione che Kong si muovesse in ambienti reali. O'Brien poi sviluppò una gru speciale, chiamata "Dunstable crane", che permetteva di muovere la macchina da presa in modo fluido e preciso, creando l'illusione che Kong fosse davvero gigantesco. In defintiva un set che fu un'operosa fucina di tecnicismi all'avanguardia per l'epoca ma anche un fecondo laboratorio di creatività dove vennero letteralmente ideate e messe in pratica tecniche che ancora oggi sono un punto di riferimento nel comparto degli effetti speciali. Un'eredità che sarebbe presto divenuta inestimabile per tutto il Cinema a venire.

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