L'uomo con la Macchina da Presa
1929
Vota questo film
Media: 0.00 / 5
(0 voti)
Regista
Quando nel ’29 Vertov concepì e realizzò il progetto di un documentario pensò, non tanto al risultato artistico, ma a quello sociale: si pose cioè l’obiettivo di esaltare la vita quotidiana dei proletari russi, vero motore della rivoluzione economica e politica del Paese del Soviet. Oggi guardiamo la sua opera con spirito critico e non possiamo non constatare l’immensa valenza estetica che essa contiene e dipana. In sostanza Vertov realizza un'impresa cinematografica audace e rivoluzionaria, un'esplosione di energia visiva che trascende i confini del documentario per diventare un'autentica sinfonia urbana. L'intento iniziale di Vertov, fervente sostenitore del cinema come strumento di propaganda e di educazione sociale, era quello di celebrare la vita quotidiana dei lavoratori sovietici, cogliendone il dinamismo e la vitalità. Ma la sua visione, lungimirante e innovativa, andò ben oltre il semplice realismo documentaristico, dando vita a un'opera che ancora oggi stupisce per la sua modernità e la sua forza espressiva. L'ambizione di Vertov, d'altronde, non era mai stata quella di proporre un semplice "resoconto" della realtà. Membro fondatore del gruppo dei "Kinoks" (Cine-occhi) e autore di pungenti manifesti come "Il Cine-occhio" e "La risoluzione dei Kinoks", egli propugnava una rottura radicale con ogni forma di cinema narrativo, di "cine-dramma" o "cine-veleno", accusato di anestetizzare lo spettatore e di riprodurre schemi borghesi. Per Vertov, il cinema doveva essere una scienza, un "decifratore" del mondo, capace di rivelare una verità inaccessibile all'occhio umano, una verità "comunista" intrinseca al flusso della vita. Non solo celebrazione, dunque, ma un autentico tentativo di riorganizzazione della percezione, una grammatica visiva per la nuova società.
Girato tra le strade di Mosca, Kiev e Odessa, il film segue il "cine-occhio", ovvero l'occhio meccanico della macchina da presa, nel suo viaggio attraverso la città. Vertov, con un montaggio frenetico e innovativo, cattura la frenesia della vita urbana, il ritmo incessante delle fabbriche, il flusso continuo di persone e mezzi di trasporto. L'occhio della macchina da presa si insinua ovunque, scrutando la realtà da angolazioni insolite, cogliendo dettagli inaspettati, moltiplicando i punti di vista. Attraverso l'uso di tecniche come il rallentato, l'accelerato, le sovrimpressioni, le dissolvenze incrociate, Vertov crea un'esperienza visiva ipnotica e coinvolgente, che trascende la semplice rappresentazione della realtà per trasformarla in un'opera d'arte astratta. Il "cine-occhio" non è passivo; è un protagonista attivo, una sorta di super-organo che scompone e ricompone il visibile, rivelando le "interconnessioni nascoste" della vita. La macchina da presa non si limita a registrare, ma "organizza" il mondo, mostrando il lavoro, il riposo, la gioia e la fatica come elementi di un grandioso meccanismo collettivo. È affascinante notare come, nonostante le limitazioni tecniche dell'epoca – si pensi alla pesantezza delle apparecchiature e alla complessità della pellicola – Vertov e la sua squadra, inclusi l'operatore Mikhail Kaufman (suo fratello) e, in modo cruciale, l'editrice Elizaveta Svilova (sua moglie), siano riusciti a ottenere una fluidità e una dinamica che sfidano le convenzioni del tempo. Svilova, in particolare, non fu una semplice assemblatrice, ma una co-creatrice fondamentale, la "maestra del montaggio" che diede ritmo e struttura al flusso torrenziale delle immagini, infondendo nel film quella che lo stesso Vertov definiva una "sinfonia visuale". La presenza del cameraman, che si riflette negli occhiali o emerge da angolazioni impossibili, diviene parte integrante del film stesso, un'affermazione meta-cinematografica dell'atto del vedere e del costruire.
Vertov, con la sua sperimentazione radicale, ha dimostrato le immense potenzialità del linguaggio cinematografico, liberandolo dai vincoli della narrazione tradizionale e aprendo la strada a nuove forme di espressione artistica. La sua opera, un inno alla modernità e al dinamismo della vita urbana, ha influenzato generazioni di cineasti, da Jean-Luc Godard a Chris Marker, fino ai giorni nostri. L'uomo con la macchina da presa rimane un film di straordinaria potenza visiva, un'esperienza sensoriale unica che continua a interrogare e a stupire lo spettatore contemporaneo. Un film capitale che diede anche l’esatta percezione delle potenzialità di una macchina da presa accordata ad un sottile ingegno. Il montaggio, in questa ottica, non è solo un mezzo per assemblare le immagini, ma diventa un elemento creativo fondamentale. Vertov utilizza il montaggio in modo ritmico e dinamico, creando associazioni visive sorprendenti e giocando con il tempo e lo spazio. L'estetica del film è influenzata dal Costruttivismo, movimento artistico che celebrava la tecnologia e la modernità. Le forme geometriche, le linee rette, i contrasti di luce e ombra, contribuiscono a creare un'atmosfera dinamica e avanguardistica. Questa influenza non si limita all'aspetto puramente visivo; il Costruttivismo, con la sua enfasi sull'arte come ingegneria sociale e sulla funzionalità, si sposa perfettamente con l'idea di Vertov di un cinema come strumento per la costruzione di una nuova realtà e di un "uomo nuovo". Il film non racconta una storia, ma costruisce un'esperienza. La sua ricezione, tuttavia, non fu univoca: se da un lato fu acclamato come capolavoro avanguardista, dall'altro fu criticato da colleghi come Eisenstein, che lo definì un "cine-occhio senza contenuto", troppo formale e poco incisivo nella sua valenza politica diretta. Eppure, la sua audacia stilistica e concettuale aprì orizzonti inesplorati. Godard, con la sua Nouvelle Vague, riecheggiò la libertà di Vertov dal giogo narrativo, l'uso dei jump-cut, l'irriverenza verso le convenzioni borghesi e la capacità di mescolare il documentario con l'osservazione sociale. Chris Marker, maestro del saggio cinematografico, ha ereditato la propensione a esplorare il potere evocativo delle immagini non lineari, la capacità di catturare l'anima dei luoghi e delle persone al di là di ogni drammatizzazione forzata. Perfino il linguaggio dei videoclip musicali e di molta videoarte contemporanea deve molto alla sua estetica frammentata, ritmica e sovrapposta. In conclusione il film di Vertov pur essendo profondamente radicato nel suo contesto storico, è un'opera che trascende il tempo. La sua riflessione sul rapporto tra uomo e macchina, sulla vita urbana, sul potere delle immagini, rimane di straordinaria attualità e ancora oggi è capace di suggestionarci e di sorprenderci, un autentico monumento al potenziale inesauribile del mezzo cinematografico.
Attori Principali
Generi
Paese
Galleria





Featured Videos
Trailer Ufficiale
Commenti
Loading comments...