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La Corazzata Potëmkin

1925

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Un’opera millenaria che ha donato vita e coscienza al Cinema infondendo la consapevolezza che esso poteva e doveva assurgere ad Arte. Il film commissionato dal Governo Sovietico ad Eisenstein era deputato a svolgere una altisonante propaganda comunista. Ma l’arte del regista travalicò l’intento propagandistico confezionando un capolavoro senza tempo. Eisenstein introduce il concetto di "montaggio delle attrazioni", ovvero la giustapposizione di immagini che suscitano nello spettatore reazioni emotive forti e immediate. Non si tratta di un mero assemblaggio sequenziale, bensì di un calcolato urto tra elementi eterogenei, una collisione dialettica che genera significato e impatto emotivo nella mente dello spettatore. Questa teoria, sviluppata in controtendenza rispetto alla scuola narrativa classica, mirava a scuotere la coscienza del pubblico, a provocarlo intellettualmente e visceralmente, trasformandolo da passivo fruitore a partecipe attivo della costruzione del senso. Era l'idea di un cinema che non si limitava a raccontare, ma a costruire il messaggio direttamente nell'intelletto e nelle viscere del pubblico, un'estensione della teoria marxista applicata all'arte. La famosa scena della scalinata di Odessa è un esempio emblematico di questo approccio, in cui il montaggio crea un senso di caos e di violenza inaudita. Attraverso tagli rapidi, inquadrature frammentate e la ripetizione ossessiva di alcuni motivi visivi – come il primo piano terrorizzato di una donna con gli occhiali rotti o i piedi dei soldati che scandiscono il ritmo inesorabile della tragedia – Eisenstein non si limita a rappresentare un massacro, ma lo fa vivere con una brutalità sconvolgente. Il ritmo frenetico del montaggio contribuisce a creare un senso di urgenza e di partecipazione attiva da parte dello spettatore. Le immagini si susseguono rapidamente, creando un flusso continuo di emozioni, una vertigine visiva e psicologica che non concede tregua. Le immagini de "La corazzata Potëmkin" sono talmente potenti da essere diventate iconiche, un archetipo visivo che ha permeato la cultura popolare e il linguaggio cinematografico globale. La carrozzina che rotola giù per le scale, il volto del bambino morto, il leone che ruggisce – ottenuto con un montaggio di tre diverse sculture in marmo, ognuna a una diversa fase dell'animale che si sveglia e ruggisce, simboleggiando il risveglio della classe oppressa – sono solo alcuni esempi di come Eisenstein sia riuscito a creare un linguaggio visivo universale, capace di trascendere le barriere linguistiche e culturali. Ogni immagine è carica di significato simbolico. La scalinata, con la sua inesorabile discesa, rappresenta la lotta di classe e il precipitare degli eventi verso la catastrofe, ma anche la resistenza e l'unione del popolo contro l'oppressore; il leone è simbolo del potere dello Zar che si risveglia nella collera popolare, mentre la carrozzina rappresenta l'innocenza sacrificata sull'altare della repressione politica, un motivo di straziante universalità ripreso, consciamente o meno, in innumerevoli opere successive.

L’opera è suddivisa in cinque atti, quasi come una tragedia greca o shakespeariana nella sua progressione drammatica e ineluttabile: Uomini e vermi, Dramma sul ponte, Il morto chiama, La scalinata di Odessa, Una contro tutte. La scelta del 1905 non fu casuale; il film fu commissionato in occasione del ventennale di quella che, per la nascente Unione Sovietica, era considerata la "prova generale" della Rivoluzione d'Ottobre. Il governo voleva un'epopea celebrativa che innalzasse l'evento a mito fondativo, e Eisenstein, benché giovanissimo – aveva appena ventisette anni – fu scelto per la sua audacia sperimentale e la sua visione teorica già ben definita. Nel 1905, nella città portuale di Odessa, i marinai dell’incrociatore Potëmkin si ribellano alle autorità a causa del cibo avariato che veniva loro servito – carne infestata da vermi, un dettaglio visivo che apre l'opera e stabilisce immediatamente il tono di degradazione e oppressione. L'uccisione del marinaio Vakulinchuk, un compagno d'armi, infiamma gli animi e porta all'ammutinamento, trasformando una protesta per le condizioni igieniche in una scintilla rivoluzionaria. La rivolta si propaga a Odessa, dove la popolazione civile, affamata e stanca delle ingiustizie zariste, si unisce spontaneamente ai marinai, uniti dalla comune causa della libertà e della dignità. Eisenstein, attraverso un montaggio frenetico e immagini potenti, descrive la repressione sanguinosa da parte dell'esercito zarista. È qui che la sua arte compie un salto audace oltre la mera cronaca: sebbene i fatti storici narrino di violenze e scontri, la celeberrima scena della scalinata di Odessa, con donne, bambini e anziani che vengono massacrati in un'orgia di violenza indiscriminata, è in gran parte una creazione del genio registico. Non esiste una documentazione storica di un massacro così specifico e brutale su quelle scale; è piuttosto una sintesi drammatica e simbolica delle atrocità compiute dalla repressione zarista in molteplici luoghi e momenti. Questo atto di licenza artistica non ne diminuisce il potere, ma ne esalta la funzione metaforica, rendendola un simbolo universale della brutalità del potere tirannico contro l'innocenza indifesa. La corazzata Potëmkin, simbolo della rivolta e della speranza, naviga verso Sebastopoli, sperando di trovare appoggio da parte di altre navi della flotta, ma viene accolta con ostilità. Il film si conclude con un'immagine potente e simbolica: la corazzata solitaria nel mare, avvolta in una nebbia quasi mistica, simbolo di una rivolta repressa ma non dimenticata, un monito silente e una promessa di futura redenzione che si sarebbe concretizzata nella rivoluzione successiva.

Attraverso un linguaggio cinematografico innovativo, audace e senza precedenti, Eisenstein trasforma un fatto storico in un'opera d'arte che trascende i confini del tempo e dello spazio, diventando un'icona universale della lotta per la libertà e della denuncia delle ingiustizie. Un film le cui immagini parlano con una forza straordinaria, tanto che è perfettamente lecito parlare di forza iconica, un nuovo linguaggio che avrebbe ben presto formato tantissimi ingegni e mietuto proseliti nei circoli cinematografici europei e mondiali. La sua influenza si avverte in registi diversissimi, da Brian De Palma con la sua citazione esplicita della sequenza della carrozzina in Gli Intoccabili, fino a registi d'avanguardia che hanno esplorato il potere suggestivo del montaggio non narrativo. Eisenstein ha dimostrato come il Cinema possa essere uno strumento potentissimo per veicolare messaggi ideologici e influenzare l'opinione pubblica, non attraverso la didascalia piatta, ma attraverso l'emozione pura e l'esperienza sensoriale. Questa sua capacità di agire direttamente sull'inconscio collettivo ha reso La Corazzata Potëmkin oggetto di ammirazione ma anche di timore, portando alla sua censura in diversi paesi, come la Germania nazista o la Gran Bretagna, per la sua presunta capacità di incitare alla sovversione. Al contempo, e qui risiede la sua più grande lezione, ha altresì dimostrato come Arte e Politica possano coesistere, non in una relazione di subordinazione, ma sublimando qualsiasi intento ideologizzante nell'oggetto artistico stesso, trasformando la propaganda in poesia epica. Non è la retorica del regime a renderlo grande, ma la sua intrinseca forza estetica, la sua architettura narrativa e visiva che eleva il particolare all'universale. Un'eredità dalla portata immensa che sarebbe stata raccolta da molti altri artisti a venire, una pietra miliare non solo nella storia del cinema sovietico, ma dell'intera settima arte, il cui ruggito echeggia ancora con immutata potenza.

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